Un podio che ha fatto notizia in tutto il mondo. È quello della terza edizione dei “Pizza Awards Italia”, Oscar della pizza italiana tenuto a Roma negli spazi del Roma Convention Center La Nuvola in occasione della rassegna enogastronomica “Excellence 2019”.
A trionfare è Franco Pepe con “Pepe in Grani”, pizzeria di Caiazzo (Caserta), che si è aggiudicata un poker di riconoscimenti: Miglior Pizza d’Italia, Miglior Pizza Tradizionale e Miglior Pizza della Campania. Pepe vince anche il premio di Miglior Pizzaiolo dell’anno.
Il Salvagente aveva incontrato Franco Pepe e lo aveva intervistato nella rubrica Altra Italia, dedicata alle eccellenze del made in Italy già due anni fa. Ecco quello che ci aveva raccontato.
È dagli anni’ 30 che la famiglia di Franco Pepe fa il pane a Caiazzo, in provincia di Caserta, senza fermare il forno, mai per un mese di seguito. E, attraverso ciò che è stato tramandato lungo tre generazioni, si è arrivati all’avventura di “Pepe in grani”, un progetto che ha dato concretezza al concetto di pizza gourmet creando al contempo una microeconomia nel territorio. Siccome le materie prime sono importantissime per ottenere una pizza di qualità, Franco Pepe ha voluto fin da
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subito coinvolgere i giovani contadini del luogo, riunendoli dapprima in un “tavolo virtuale” per poi accompagnarli nel processo che ha trasformato le loro attività in aziende, grazie anche all’aiuto di un agronomo, in modo da dare ufficialità al loro lavoro. Non solo: è riuscito così a portare migliaia e migliaia di persone nel paese vecchio di Caiazzo, ormai svuotato, trasferendo la sua attività in un palazzo settecentesco.
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Esperimenti
Incontriamo Pepe e ci racconta che è tornato di recente da un viaggio negli Stati Uniti dove ha conosciuto una pizzaiola americana che, a Portland, sta realizzando un progetto simile al suo: “Fa una pizza americana utilizzando gli ingredienti dei suoi contadini; ci siamo confrontati perché dal 4 al 6 marzo saremo ospiti di Identità golose a Milano dove, in un convegno che ha come tema ‘Il viaggio’, racconteremo le nostre esperienze e realizzeremo una pizza a metà: il mio impasto e i suoi condimenti”.
Se si chiede a Franco Pepe qual è il valore aggiunto della sua pizza, così rinomata da aver portato quest’estate in un mese 12mila persone provenienti da tutto il mondo nel borgo di Caiazzo, lui risponde così: “Oggi siamo di fronte ad una grande varietà di cibo: io voglio che il mio cliente innanzi tutto provi un’emozione e un piacere quando mangia la mia pizza e che poi stia bene, dal punto di vista della salute”.
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Da artigiano ad ambasciatore del gusto
Ed è proprio per questo motivo che Pepe in grani non è semplicemente una pizzeria, ma, appunto, un progetto attorno al quale gravitano molte figure: “Il pizzaiolo è un artigiano che non ha una formazione scolastica come avviene nel caso degli chef, ed è per questo che mi sono circondato di una serie di collaboratori che mi aiutano a rendere la mia pizza davvero di qualità: figure tecnico-scientifiche e con competenze nutrizionistiche che sanno cosa significa mangiare bene”. Una strada, quella della professionalizzazione della figura del pizzaiolo, su cui sta lavorando anche il ministero delle Politiche agricole: “Sono stato nominato ambasciatore del gusto alla fine dell’anno scorso e con il ministro Maurizio Martina (il titolare alle politiche agricole dell’epoca, ndr) stiamo lavorando ad un progetto di Scuola istituzionale per pizzaioli”, racconta Pepe. Nell’autunno appena passato, infatti, si è costituita l’Associazione italiana degli ambasciatori del gusto composta da 90 persone tra cuochi, pizzaioli, pasticceri, gelatieri e maître: superare gli individualismi, l’obiettivo del ministero e fare squadra per valorizzare il patrimonio culturale, agroalimentare ed enogastronomico nazionale sia in Italia che all’estero.
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Un’avventura riuscita
Seguendo questa filosofia, Pepe in grani è cresciuto moltissimo dal 2012, quando l’avventura è iniziata, ad oggi: “Ho deciso di recuperare un palazzo settecentesco nel centro di Caiazzo e nessuno credeva che sarei riuscito a portare la gente lì; sono partito con sette ragazzi ai quali ho subito chiarito che non potevo dire quanto li avrei pagati perché era tutta un’avventura – spiega Pepe -; oggi siamo in 30 e nessuno è ‘il pizzaiolo’ perché ognuno di noi ha le sue competenze e contribuisce al risultato finale”.
“Per me è una grande soddisfazione essere arrivato fino qui, a partire da mio nonno che negli anni ’30 ottenne dal podestà la licenza per panificare, non smise mai, panificò anche durante la guerra. Poi ci fu mio padre che negli anni ’50 iniziò a fare la pizza e il sabato e la domenica il forno diventava un luogo di socialità nel paese; solo nel ’61 creò una vera e propria pizzeria. Morto lui nel ’96 io e i miei fratelli per dieci anni abbiamo portato avanti la pizzeria di famiglia fino a quando io mi sono lanciato in questo progetto”, racconta Franco Pepe. E fin da subito la connotazione di questa esperienza è stata legata al territorio: “Abbiamo anche delle camere perché la nostra ottica è ‘slow’: è bello che i nostri clienti si fermino a dormire, così che io possa sapere che esperienza hanno avuto e perché li possa poi accompagnare a visitare le terre da cui provengono i prodotti con cui viene fatta la pizza che hanno mangiato”, precisa l’artigiano pizzaiolo.