Il lato oscuro dell’uva bianca

Fino a 19 molecole diverse in uno stesso grappolo di uva bianca da tavola, coltivata in Italia. Sono quelli che abbiamo rilevato in uno dei 16 campioni acquistati nei supermercati e discount e analizzati in laboratorio per conoscere a quali e quanti trattamenti fitosanitari vengono sottoposti i chicchi prima di finire sulle nostre tavole. Tutti i nomi e i giudizi dei prodotti testati li trovate nel nuovo numero in edicola (e in digitale: scarica qui) de Il Salvagente.

16 campioni alla prova

L’uva è un frutto difficile da coltivare, perché insidiata da molti patogeni e insetti, e per questo viene molto trattata e quindi era quasi “naturale” attendersi chicchi molto contaminati. Eppure, nonostante le premesse, le sorprese non sono mancate perché se sull’uva acquistata in un discount (scopri qui i risultati) abbiamo registrato il numero record di fitofarmaci (10 fungicidi e 9 insetticidi) non sono pochi i grappoli, tutti rigorosamente made in Italy, dove abbiamo trovato traccia di ben 5-7 trattamenti chimici diversi. Trattamenti che non hanno risparmiato nemmeno un campione biologico dove abbiamo riscontrato la presenza di una sostanza, lo Spinosad, che pur essendo consentito in agricoltura bio, è risultato in una concentrazione (0,24 mg/kg) pari alla metà del consentito (il limite di legge è 0,50 mg/kg). Questo a conferma del fatto che l’uva resta uno dei frutti più “complicati” da coltivare e il ricorso ai fitofarmaci è più frequente di altre colture.

Tante piccole tracce… con quali effetti?

È bene premettere che in nessun prodotto, anche il più contaminato, i singoli pesticidi hanno superato i limiti di legge, anche se non va dimenticato che stiamo parlando di un alimento che si mangia fresco, buccia compresa, e che quindi dovrebbe essere il più “pulito” possibile. Pur capendo la tipicità agronomica dell’uva, viene da chiedersi se, almeno in alcuni casi, visto che molti prodotti hanno superato brillantemente le nostre prove, non si possa davvero far a meno di così tanta chimica nell’uva che resta una dei frutti più amati dagli italiani. Tanto più che c’è da considerare il possibile effetto cocktail, l’azione combinata sulla salute di basse dosi ma diverse di principi attivi presenti contemporaneamente nell’alimento.

I benefici dei polifenoli: ecco quanti ne abbiamo trovati

Un problema non da nulla se consideriamo che ogni anno portiamo in tavola circa 380mila tonnellate di uva da tavola (sono 1 milione le tonnellate prodotte in Italia e in gran parte destinate all’esportazione), prevalentemente bianca, e spendiamo complessivamente 260 milioni di euro per un frutto amato per la dolcezza dei suoi acini e sempre più apprezzato per la presenza di polifenoli, sostanze antiossidanti presenti sulla buccia degli acini. Per capire l’apporto nutrizionale di questi importanti alleati della nostra salute, ne abbiamo misurato in laboratorio la concentrazione: si va da un minimo di 341 mg/kg a ben 718. Un dato che, pur in assenza di un limite minimo di legge o di una semplice raccomandazione, è sicuramente un indice di qualità nutrizionale che ci ha aiutato a valutare meglio i nostri campioni.

Per scoprire tutti i risultati del nostro test su 16 campioni di uva bianca pubblicati nel nuovo numero del Salvagente l’appuntamento è in edicola oppure qui si può acquistare una copia digitale.

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