Problemi di crescita. Si potrebbe riassumere così il dibattito acceso in corso tra i produttori di prosecco docg Valdobbiadene Conegliano sull’opportunità o meno di togliere la parola “prosecco” dall’etichetta. La proposta è partita dalla Confraternita di Valdobbiadene, una delle più antiche tra i produttori della zona, che ha inviato a tutti i produttori della docg (oltre 2600) un questionario in cui cui chiede di eliminare la parola “prosecco”. Il Gran Maestro Dall’Acqua ha spiegato al Corriere della Sera: “Al momento ci hanno risposto in 400, in molti sostengono la nostra battaglia”. La ragione è legata al desiderio di differenziarsi dai cugini del prosecco doc, prodotto in pianura, che puntano a una produzione più industriale e comunemente ritenuto di fascia inferiore. La cantina Col Vetoraz ha anticipato i tempi annunciando: “Produrremo solo Valdobbiadene Docg” togliendo quindi la denominazione “Prosecco superiore”.
I “cugini” del prosecco doc rispondono piccati
Il presidente del Consorzio di tutela del prosecco doc, Stefano Zanette, ha commentato piccato: “La Denominazione Conegliano – Valdobbiadene Docg ha tutto il diritto di decidere del proprio nome, ovviamente anche di rinunciare al termine Prosecco. Quel che trovo inspiegabile è che nel fare questo passaggio tenda a denigrare il lavoro degli altri, della Prosecco doc in particolare, che invece ha lavorato con impegno e – dati alla mano – ne ha sostenuto lo sviluppo. La produzione Conegliano Valdobbiadene Docg è infatti passata dai 60 milioni del 2009 agli oltre 90 milioni di bottiglie attuali. Quindi la crescita della Doc in questi 10 anni, ha favorito anche la Docg sia in termini di volume che di valore”.
Il consorzio rimane diplomatico
Sul fronte interno, quello del consorzio di Valdobbiadene, la presa di posizione è prudente: “Il presidente del Consorzio Conegliano Valdobbiadene, Innocente Nardi, ha definito scelta di Col Vetoraz “pienamente legittima”,dato che il disciplinare prevede la possibilità di non riportare la dicitura “Prosecco Superiore”. Nardi aggiunge: Siamo consapevoli e parte attiva nella riflessione che nasce nel nostro territorio sulla necessità di come proteggere l’identità. Il successo del nome Prosecco nasce dalle persone che hanno lavorato su queste colline. Credo che oggi la cosa più importante sia far arrivare al consumatore il senso della differenza tra un prodotto di qualità, ma frutto di un territorio pianeggiante, e la specificità della produzione in collina con costi e attenzioni nettamente differenti”.
Zaia: all’estero non funziona
A muovere una critica, seppur velata, è il governatore del Veneto, Luca Zaia: “Togliere la parola Prosecco dalle etichette è una partita che riguarda i produttori. Personalmente penso che togliere repentinamente il nome dalle etichette farà spostare gli acquirenti, soprattutto all’estero, su quelle che il nome ce l’hanno”. Qualsiasi sia la scelta dei singoli produttori di Valdobbiadene, non si può dire che sia stato un anno tranquillo: dalla decisione di bandire il glifosato dai vigneti, che però continuano ad essere irrorati con molti alti pesticidi, come ha raccontato il Salvagente, al riconoscimento dell’area come patrimonio mondiale Unesco, la docg veneta cerca un posto al sole più grande, tra i vini di qualità.