“Non nuotare mai a stomaco pieno, attendere dopo un pasto almeno 3 ore”. A raccomandarlo è il ministero della Salute. Una frase tante volte pronunciata in spiaggia dai genitori nei confronti di bambini pronti a tuffarsi in acqua a qualsiasi ora del giorno. Una abitudine che negli ultimi anni è sempre più stata messa in discussione soprattutto all’estero. È meglio andarci cauti. “In età pediatrica – spiega Antonino Reale, responsabile di Pediatria dell’Emergenza presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma – non ci sono grandi studi. Mi sembra sia passato un messaggio di rischio zero a mio parere imprudente. Non seguiamo la moda secondo cui non esiste più la necessità di aspettare dopo il pasto, piuttosto affidiamoci al buon senso”.
Cosa succede al nostro corpo durante la digestione, l’esposizione al caldo e un conseguente tuffo in acqua? Il contatto del corpo con l’acqua fredda richiama il sangue alle vie periferiche allontanandolo da stomaco e intestino. La digestione si rallenta e si possono avere disturbi come la nausea, fino allo svenimento. Un adulto che va incontro a certi disturbi saprebbe riconoscerli subito e mettersi al riparo. Per un bambino l’epilogo può essere diverso. “Un piccolo che ha appena imparato a nuotare – avverte Reale – può avere i brividi o addirittura il vomito e se si trova a largo con le onde, anche se ha un po’ di autonomia perché ha seguito un corso di nuoto, potrebbe trovarsi ad annaspare rischiando così l’annegamento”.
Il primo consiglio è non perdere mai di vista i propri figli e fargli seguire corsi di nuoto. Il secondo riguarda il tipo di alimentazione e le conseguenti ore di attesa, e 3 non sempre è il numero perfetto.
“Meglio consumare una pasta al pomodoro che un panino con la porchetta. I cibi grassi hanno una digestione più lenta fino alle famose tre ore. Oggi sappiamo che alcuni alimenti si assorbono più rapidamente, come i carboidrati per i quali un’ora di attesa è sufficiente. Il piatto di pasta al pomodoro con la foglia di basilico oppure la frutta ne sono un esempio”.
Alla base del pericolo congestione-affogamento c’è lo shock termico. Insomma, conclude Reale, “anche se a digiuno se si è esposti al sole a una temperatura di oltre 30 gradi e l’acqua è intorno ai 23 gradi è necessario valutare come il bambino si sente e seguire delle norme di sicurezza provvedendo a una entrata in acqua graduale”.