I Pfas, le famigerate sostanze perfluoroalchiliche che stanno avvelenando molti comuni del Veneto, sarebbero in grado anche di migrare nei cibi se contenute nelle confezioni.
L’allerta è stata lanciata da uno studio condotto negli Usa presso l’Università di Harvard dove sono stati esaminati più di 400 campioni provenienti da 27 diversi fast food: il 30% di tutti i materiali di imballaggio testati conteneva composti perfluorurati e polifluorurati (Pfas).
Secondo lo studio le più significative concentrazioni sono state registrate nella carta utilizzata per il “confezionamento”. Studi precedenti hanno dimostrato che le sostanze contenenti fluoro possono passare dalla confezione al cibo e quindi entrare in contatto diretto con l’organismo e svilupparne l’effetto nocivo.
Negli Usa la presenza di questi composti considerati interferenti endocrini e capaci di provocare il cancro ai reni e alla prostata è da tempo un problema preso in considerazione dai produttori e distributori di cibo confezionato. La scorsa settimana Whole Foods Market e Trader Joe’s due delle più grandi catene di supermercati statunitensi, hanno annunciato di eliminare li Pfas da alcuni imballaggi alimentari, impegni che potrebbero portare a un effetto domino nell’intero settore alimentare.
Gli effetti sulla salute
Gli effetti sulla salute umana sono ormai noti. I Pfas, i composti perfluorati che hanno inquinato intere province del Veneto, sono interferenti endocrini, modificano cioè l’attività ormonale, maschile in particolare, e possono provocare infertilità e cancro. Ad annunciare la scoperta è stato dato il professor Carlo Foresta presentando la ricerca condotta dall’unità operativa complessa di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale dell’Università di Padova, in collaborazione con il dottor Andrea Di Nisio del Dipartimento di Medicina dello stesso ateneo. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, la più importante rivista mondiale di endocrinologia clinica. “Da un’indagine condotta su oltre duecento giovani veneti, abbiamo scoperto il meccanismo inibitorio dei Pfas sul testosterone, dimostrando che i Pfas si legano al recettore per il testosterone, riducendone di oltre il 40% l’attività”.
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