“Abbiamo il dovere morale e civico di informare la popolazione e i consumatori di quello che sta accadendo. Deve essere chiaro a tutti, infatti, che in questo modo si mette a repentaglio il made in Italy: se un importatore americano dovesse un giorno scoprire che c’è della diossina nel Prosecco rischieremmo di distruggere una parte importante della viticultura italiana. Se un importatore giapponese dovesse scoprire la presenza di diossine nel Parmigiano Reggiano piuttosto che nel Grana padano metteremmo in ginocchio l’industria casearia italiana. Se un importatore tedesco dovesse scoprire che la nostra frutta o la nostra verdura, concimate con fanghi tossici, contengono residui anche minimi di diossine o altri contaminanti quale sarebbe il danno per l’ortofrutticoltura del Mezzogiorno? Se dopo aver combattuto per anni per l’abbassamento dei livello di glifosato dovessimo scoprire che è condito da benzene e carburanti cosa ne sarebbe dell’industria pastaia italiana? Perché è di questo che stiamo parlando e fa specie che il ministro dell’Agricoltura Centinaio resti in silenzio. Su questi temi avrebbe dovuto fare barricate e invece ha firmato il decreto senza valutare il suo impatto sul made in Italy e sull’economia agricola nazionale”.
Saverio De Bonis è senatore del Movimento 5 Stelle e presidente di GranoSalus, “associazione di produttori di grano duro in difesa dei consumatori”. A Palazzo Madama, assieme ad altri colleghi di partito, si è battuto per provare a cambiare l’articolo 41 del decreto Genova che innalza i limiti di sostanze inquinanti presenti nei fanghi di depurazione usati in agricoltura, ma ogni suo sforzo è risultato vano. Una battaglia che l’ha messo ai margini del Movimento stesso. “Il giorno del voto finale sul testo – spiega – io insieme ad altri colleghi del Movimento siamo andati a donare il sangue, perché altrimenti avremmo dovuto votare contro e danneggiare i cittadini del capoluogo ligure. Prima invece, quando si era preso in esame l’articolo 41, io avevo votato i miei emendamenti che ovviamente non sono passati e poi ho espresso voto contrario all’intero articolo”.
Senatore De Bonis, che cosa prevedevano i suoi emendamenti?
Il primo emendamento puntava a sopprimere per intero l’articolo 41 e recava altre dieci firme di senatori del Movimento oltre alla mia. Poi, però, in aula hanno deciso di ritirare la firma i colleghi Agostinelli, Trentacoste, Granato, Marilotti, Ricciardi, Angrisani e Romagnoli. Il secondo emendamento, con il quale chiedevamo una valutazione del rischio da parte dell’Istituto superiore di sanità, dell’Ispra, dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, del Cnr e del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, portava dodici firme di colleghi del M5S oltre la mia ma in corso di seduta hanno ritirato la propria i senatori Agostinelli, Auddino, Naturale, Trentacoste, Granato, Marillotti, Ricciardi, Angrisano e Romagnoli. Col mio terzo emendamento, firmato da altri dodici senatori del Movimento, chiedevamo di riportare il limite degli idrocarburi a 50 milligrammi chilogrammo su sostanza secca come aveva prescritto la Cassazione: in corso di seduta hanno ritirato la propria firma Agostinelli, Auddino, Naturale, Trentacoste e Angrisani. Con un altro emendamento cercavo di riportare i livelli degli idrocarburi ai limiti previsti per i fanghi tossici industriali, cioè 500 milligrammi chilogrammo di sostanza secca: lo avevamo firmato in dodici, poi durante la seduta hanno ritirato la firma i senatori Agostinelli, Auddino, Trentacoste e Angrisani. C’era poi un emendamento che mirava ad abbassare fino a praticamente alla soglia di rilevabilità il limite previsto per le diossine, anche questo respinto, firmato da dodici senatori del Movimento. Anche in questo caso in aula hanno ritirato la firma Agostinelli, Auddino, Trentacoste e Angrisani.
Si dice che la sua palese posizione di contrarietà a questo decreto abbia messo a rischio la sua permanenza nel M5S. È così? L’ambientalismo era una delle cinque stelle del Movimento…
Non è affatto così. Di fronte alla tutela della salute e dell’ambiente non ci possono essere certo procedure di espulsione. L’ambientalismo è ancora una delle cinque stelle del Movimento e lo dimostra l’azione che stiamo portando avanti su questo tema. Poi se qualcuno ha sbagliato dovrà ricredersi perché la nostra battaglia va avanti, anzi è appena iniziata.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Che cosa la preoccupa della formulazione approvata nella legge di conversione del decreto Genova?
Queste nuove norme non forniscono alcuna valutazione dei rischi e violano di conseguenza il principio di precauzione previsto dall’Unione europea e in più non sono affatto omogenee alla materia del decreto che era nato per l’emergenza di Ponte Morandi. Ma poi non esistono test di fitotossicità, non si indicano i suoli idonei allo smaltimento né le condizioni globali dei terreni. Non sono previsti limiti di prossimità alle abitazioni o ai corsi d’acqua e le strade e non è assegnato un termine per affrontare l’emergenza. Per non parlar del parere dell’Organizzazione mondiale della Sanità che da trenta anni ha decretato che alcuni di quei composti e di quella sostanze previste nel decreto sono cancerogeni o probabili cancerogeni. Mi pare che di elementi per accendere un allarme sul rischio a cui si sta esponendo la salute pubblica ce ne siano a sufficienza.
Isde-Medici per l’ambiente hanno parlato di “licenza di inquinare”. È una definizione che condivide?
Di sicuro è una legittimazione a sversare sostanze tossiche nei terreni per consentire una economia nella gestione di questi fanghi tossici alle aziende, del Nord e non solo, e alle industrie che si occupano di estrazioni petrolifere.
Il ministro Costa ha contestato l’accusa di aver innalzato le soglie tollerate di inquinanti perché, dice, paragonare limiti previsti per i terreni da bonificare e limiti previsti per i fanghi da sversare è come “sommare pere e mele”. Aggiunge poi che nel decreto si normano fanghi derivati dal trattamento di acque reflue da scarichi civili e non industriali. Argomentazioni che la convincono?
L’unica cosa saggia fatta dal ministro Costa è stata quella di non firmare il decreto e quindi è parzialmente esonerato dalla responsabilità politiche che questo decreto comporta. Sui paragoni fra pere e mele voglio ricordare al ministro che appartengono comunque allo stesso raggruppamento delle pomacee, quindi direi che anche su questo c’è un po’ di confusione. Per quanto riguarda la comparazione dei limiti sui terreni o sui fanghi, è ovvio che mi pare si stiano cercando degli alibi. Segnalo di nuovo i pronunciamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità: ci vogliono millenni perché le diossine piuttosto che i metalli pesanti degradino, si tratta di molecole stabili che i terreni “digeriscono” in tempi lunghissimi e quindi anche quantità minime si andrebbero ad assommare. Quello delle acque reflue mi pare poi un altro argomento su cui il ministro Costa non ha grande consapevolezza: introduciamo limiti per il cromo esavalente e per le diossine, non regge continuare a parlare di fanghi di depurazione civile. Del resto il dettato legislativo stesso spiega che si tratta di fanghi civili, fanghi produttivi e fanghi sia civili che produttivi. Chi produce diossine, idrocarburi e cromo esavalente? Certo non le industrie agroalimentari.