Il pasticciaccio delle case convenzionate: fine di un incubo?

Siamo forse ad una svolta per la vicenda romana delle case in convenzione rivendute a prezzo di libero mercato. Un emendamento al decreto fiscale in discussione in questi giorni potrebbe infatti risolvere la questione, permettendo ai proprietari-venditori di pagare il diritto di affrancazione e regolarizzare quindi la vendita fatta. Una soluzione politica, dunque, che può porre rimedio agli effetti devastanti della sentenza n. 18135 della Cassazione che nel 2015 ha fatto scoppiare il caso, stabilendo che gli immobili di edilizia agevolata, dovevano essere rivenduti sempre a prezzo calmierato, nella prima così come in tutte le successive compravendite.
Dopo quella sentenza, sono partite centinaia di cause da parte degli acquirenti che hanno richiesto ai venditori la restituzione della differenza tra il prezzo dovuto e quello pagato, Cause da centinaia di migliaia di euro che hanno gettato nello sconforto tantissimi cittadini che pensavano di aver fatto le cose per bene, vendendo il proprio appartamento sì a prezzo di mercato ma con tanto di nulla osta del Comune e rogito firmato dal notaio.
Ma l’emendamento proposto dai 5 stelle non mette d’accordo tutti. Secondo l’associazione degli acquirenti – come riportato dall’Huffington Post – dietro l’emendamento ci sarebbe Gino Scaccia, capo di gabinetto del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, che prima di ricoprire questo incarico ha redatto, in qualità di avvocato, un parere in favore dei notai coinvolti in questa vicenda. Si teme, dunque, il conflitto di interessi.

I VENDITORI: NESSUN CONDONO

Al contrario, i venditori vedono finalmente un pò di luce in fondo al tunnel. E soprattutto non ci stanno a sentirsi additare, ancora una volta, come i “furbetti” che potrebbero approfittare del condono che l’emendamento porterebbe con sè: “Non si tratta di un condono – puntualizza Anna D’Ambrosio, vice presidente del Comitato Venditori 18135 perché i cittadini hanno compravenduto i loro immobili in completa buona fede e nel pieno rispetto di tutte le regole che costruttori, notai, comuni e professionisti di settore hanno dato loro per 40 anni. La soluzione proposta da tutte le forze politiche è basata sull’affrancazione, strumento già previsto dalla legge proprio per rimuovere il vincolo del prezzo massimo di cessione. Si tratta quindi di permettere ai cittadini oggi ciò che non gli è stato permesso di fare al momento della vendita. Non è un condono: i condoni prevedono la violazione consapevole di una norma e soprattutto la regolarizzazione di qualcosa che anche oggi sarebbe irregolare. Non è questo il caso. Io non ho fatto nulla di male e comunque, se passa questo emendamento, ho già fatto i conti: dovrò pagare 23mila euro. Non faccio salti di gioia, quindi, ma certamente può essere la soluzione ad un incubo ben peggiore”.
L’emendamento in questione è stato accusato anche di essere una norma ‘salva notai’.
“Non è esatto nemmeno questo – continua la D’Ambrosio – perché non ci risulta nessun contenzioso per violazione del prezzo massimo di cessione in cui sia stato condannato il notaio. Seppur tutti riconoscano la responsabilità di notai e Comune in quanto accaduto i giudici condannano per ripetizione dell’indebito solo i venditori. Per centinaia di migliaia di euro”.
Infine, un’ultima precisazione: “non si tratta neanche di un emendamento ‘salva costruttori’ perché i contenziosi che la norma vuole regolamentare sono tra acquirente e venditore per le vendite successive alla prima. Moltissimi dei venditori chiamati in causa sono stati a loro volta vittime, molti anni fa, di truffe dei costruttori per aver loro venduto in prima assegnazione l’immobile a prezzo superiore al prezzo massimo di cessione”.