Caro Salvagente, abito al piano terra in un appartamento dotato di un terrazzino di circa 15 metri quadrati. Capita spesso che dai piani sovrastanti arrivi giù un’autentica pioggia, in orari assurdi. Come posso risolvere questo problema che non mi permette di usare a pieno titolo dell’ingresso della mia abitazione?
Giacomo Becheroni, Roma
Qui non si parla di gocce, ma di cascate d’acqua, autentiche secchiate che inondano tutto quello che incontrano nella loro caduta: le persone, gli spazi, quello che è stato messo in questi spazi. Che cosa dice la legge, in proposito, e come si può ovviare a un problema tanto increscioso? Innanzitutto parliamo del diritto di proprietà: “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”, sancisce l’art. 832 del codice civile. E l’art. 844: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alle condizioni dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tenere conto della priorità di un determinato uso”.
A parte queste norme, però, purtroppo o per fortuna non esiste una legge dello Stato né del Comune che dica se, come, quando si possono innaffiare piante e fiori sui balconi. Ma il regolamento di condominio potrebbe contenerne una che disciplini questa attività che i partecipanti svolgono nell’ambito della proprietà esclusiva. È possibile infatti che il regolamento, di natura assembleare o contrattuale, stabilisca norme di comportamento, orari e accortezze per bagnare le piante sui balconi. Se così non è, dopo aver tentato la strada della persuasione, è bene segnalare il problema all’amministratore, chiedergli di affrontarlo nel corso della prima assemblea utile e proporre l’approvazione di una norma che regoli la materia.
La disciplina dovrebbe prevedere l’innaffiatura nelle ore serali e con moderazione (senza cioè che si bagnino i balconi sottostanti), ponendo, perché no, anche una sanzione per chi trasgredisce.
Oltre a creare disagi a chi abita ai piani inferiori, un getto d’acqua molto forte può deteriorare un tappeto o un capo pregiato steso ad asciugare: in tal caso, l’interessato potrebbe richiedere i danni. Tanto dovrebbe bastare a insegnare l’educazione ai condomini.
Se neanche in questo modo si ottengono risultati, sarà il caso di ricorrere all’autorità giudiziaria, invocando lo stesso art. 844 c. c. che si occupa di immissioni ma può bene applicarsi al problema dello stillicidio o delle secchiate di acqua derivanti da innaffiamento.