E adesso i Comuni paghino. Nel caos dei rimborsi della quota variabile della Tari finalmente sembra giungere una svolta importante: la Corte dei Conti della Lombardia ha indicato, alle amministrazioni comunali che hanno incassato una quota non dovuta della tassa sui rifiuti, “dove” attingere per procedere alla restituzione delle somme ai cittadini.
Con la determinazione n. 139/2018 dello scorso 9 maggio, infatti, i giudici contabili della sezione lombarda hanno affermato che «il rimborso della quota variabile della Tari non dovuta e di competenza di esercizi finanziari precedenti può trovare copertura in entrate ascrivibili alla fiscalità generale».
Cade così la ‘scusa’ dei Comuni che hanno finora rifiutato i rimborsi sostenendo di non sapere da quale voce del proprio bilancio prendere le somme da restituire ai cittadini senza incorrere nel rischio di danni erariali.
L’indicazione adesso è stata data e ci si attende che si avviino le procedure di rimborso senza perdere ulteriore tempo.
Tra i Comuni che dovranno provvedere al rimborso delle somme acquisite in eccesso a partire dal 2014 (anno di nascita della tassa) ci sono Milano, Catanzaro, Lecce, Napoli, Siracusa, Ancona e Rimini.
L’ERRORE: TASSA APPLICATA ALLE PERTINENZE
La questione, infatti, si è aperta nell’ottobre dello scorso anno quando – dopo un’interrogazione parlamentare – è venuto alla luce che la quota variabile Tari era stata applicata da molti Comuni anche alle pertinenze delle abitazioni, come box, garage e cantine, e il conto si era fatto piuttosto salato.
Peccato che ciò non poteva essere fatto: la quota variabile, infatti, può essere applicata una sola volta all’utenza domestica (vale solo per l’abitazione, cioè, non anche per le eventuali pertinenze).
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Duplicazioni ed errori di calcolo hanno quindi fatto scattare le istanze di rimborso da parte di moltissimi cittadini, ma finora non si è mosso nulla, con i Comuni trincerati dietro barriere burocratiche impenetrabili.
Ora però, dopo il parere dei giudici contabili lombardi, sarà più difficile continuare a fare orecchie da mercante.
5 ANNI PER CHIEDERE IL RIMBORSO
Chi ha pagato la quota non dovuta ha cinque anni di tempo dal versamento per chiedere il rimborso; il Comune, a sua volta, ha 180 giorni dalla presentazione dell’istanza per effettuare il pagamento. In alternativa al rimborso, si può chiedere la compensazione sulla bolletta dell’anno successivo.
La città di Milano si è mossa in questi giorni: per facilitare i contribuenti ha messo loro a disposizione sul proprio sito un modello di istanza di rimborso da scaricare, compilare e inviare. Purtroppo però, nella sostanza, l’iter sarà piuttosto gravoso. Il Comune, infatti, ha escluso che i rimborsi possano avvenire in maniera automatica, per cui i cittadini interessati – inviata l’istanza in cui saranno indicate le pertinenze da considerare – dovranno comunque procedere, dopo 90 giorni, ad una successiva proposizione del ricorso al giudice tributario, e sperare in un esito favorevole.