Calcio: “Troppe trappole negli abbonamenti a Roma, Lazio e Napoli”

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Limitazioni nei rimborsi, ostacoli nel risarcimento del danno quando la partita si gioca a porte chiuse, nessun riconoscimento se lo stadio è chiuso per “colpa” della società stessa. Il Movimento consumatori ha analizzato le condizioni di abbonamento (stagione 2017/2018 e, se già pubblicate, stagione 2018/2019) e per ben 11 squadre sono state “rinvenute clausole vessatorie in contrasto con il Codice del consumo”. Per questo motivo l’associazione guidata da Alessandro Mostaccio ha inviato diffide alle società di calcio Roma, Lazio, Atalanta, Fiorentina, Torino, Sampdoria, Novara, Pro Vercelli, Palermo, Napoli e Bologna.

Il precedente Juventus-Genoa

“La nostra azione nasce dall’esigenza di tutelare i tifosi-consumatori”, spiega Marco Gagliardi del servizio legale di Mc, “che sostengono già ingenti costi per l’acquisto degli abbonamenti e per le trasferte e hanno diritto al pieno rispetto di quanto previsto dal Codice del consumo. Auspichiamo che le società vadano incontro ai propri tifosi, che costituiscono non solo un ‘asset’ delle stesse società calcistiche, ma il dodicesimo giocatore e una ricchezza per il calcio italiano”.

Il monitoraggio è successivo all’avvio di un’azione giudiziaria, in corso presso il Tribunale di Torino, nei confronti della Juventus, a seguito del mancato rimborso ai tifosi della curva della quota di abbonamento della partita Juventus-Genoa del 21 gennaio 2018, chiusa a seguito di un provvedimento della Giustizia sportiva.

Pronte le azioni inibitorie

Nei contratti passati al setaccio dall’associazione sono state rilevate “esclusioni o limitazioni dei rimborsi e del risarcimento del danno, in caso di disputa di partite a porte chiuse, squalifiche o chiusure di settori dello stadio. Talvolta addirittura anche quando la società stessa è responsabile dei fatti che hanno determinato il mancato accesso allo stadio per il tifoso”. L’Associazione ha chiesto alle società di provvedere immediatamente alla rimozione delle clausole vessatorie dagli abbonamenti. In caso le società non provvedano, le diffide si trasformeranno in azioni giudiziarie inibitorie.