È fuggito il primo giugno dalla comunità Exodus di Garlasco, nel milanese, e da allora si sono perse le tracce di un diciassettenne di San Donato Milanese che i genitori stanno cercando con l’aiuto del Comitato dei cittadini per i diritti umani (Ccdu). E da mercoledì 27 giugno, finalmente il Tribunale di Milano, a seguito di un’udienza ha sollecitato le forze dell’ordine affinché si attivino per trovarlo, nonostante la famiglia avesse più volte in questo mese denunciato ai carabinieri la scomparsa del figlio. Il ragazzo negli ultimi tempi parrebbe essere stato avvistato sul territorio: inoltre, prima della fuga, avrebbe scritto una lettera in cui comunicava la sua intenzione di lasciare la comunità, sebbene nessuno nell’istituto avesse preso in seria considerazione il gesto.
Vittima dell’allontanamento dalla famiglia
Ma quella di questo ragazzo non è una fuga come altre: per i genitori e l’associazione si tratta di effetti tragici causati da una “mala-psichiatria” diffusa in Italia. L’associazione, da tempo, insieme ad una serie di professionisti tra avvocati, psicologi e psichiatri, si batte da tempo affinché l’intero sistema dei servizi sociali che si occupano di minori subisca un radicale cambiamento: non utilizzi, ovvero, più l’allontanamento come “sostituto” del lavoro di sostegno alle famiglie, considerando che la legge prevede che un minore – in primis – debba restare nella propria famiglia. La denuncia che il Ccdu porta avanti, infatti, è quella contro i casi in cui si procede con l’allontanamento dei minori anche laddove invece sarebbe più opportuno lasciarli in famiglia, seppur con i dovuti aiuti. L’altra battaglia è quella contro un uso della modalità psichiatrica e farmacologica troppo esteso, che – secondo Ccdu – peggiorerebbe le situazioni di moltissimi minori.
Benessere psichico in diminuzione
Ad osservare i dati Istat per il 2016, le dimissioni da strutture ospedaliere a seguito di disturbi psichici – nel caso di ragazzi sotto i 17 anni – riguardano 23.948 maschi e 14.4016 femmine per un totale di 38.354 soggetti; dai 18 ai 24 anni il numero cala a un totale di 14.474 unità, 8.092 maschi e 6.382 femmine. Le persone che nel complesso sono state dimesse dopo aver ricevuto assistenza per disturbi psichici sono 223.698. Ciò che le fonti dimostrano è che il benessere psicologico in Italia è diminuito sia tra giovani che adulti: l’Istat dimostra che il 75% dei disturbi psichici si manifesta entro i 25 anni di vita. Ciò che risulta insoddisfacente, tuttavia, è l’informazione relativa all’offerta e alla qualità dei servizi pubblici in questo ambito. Ed è forse in questo spazio oscuro che è necessario fare approfondimenti per capire quali comportamenti sono da trattare con l’imposizione di farmaci e quali no.
La storia di Giacomo: dall’adozione alla comunità
La storia di Giacomo, per il Ccdu, è esemplare in questo senso. Viene adottato nel 2004 da una coppia: lui luogotenente della guardia di finanza, lei una donna che decide di restare a casa per occuparsi dei figli (le adozioni in totale sono state due, infatti). Sebbene cresca in armonia, il suo passato continua a tormentarlo: “Non ha mai accettato e compreso la sua adozione”, precisa Paolo Roat, referente nazionale del Ccdu. Per questo è sempre stato seguito da professionisti scelti dalla famiglia che lo hanno negli anni aiutato nell’elaborazione di questo dramma.
Nel 2013 arriva la “ragazzata” che fa scattare il meccanismo infernale per Giacomo. Lui e il fratello, dopo una lite col padre, fuggono di casa; intervengono i servizi sociali e l’Unità operativa di neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza e i ragazzi vengono allontanati dalla famiglia. “Avevano raccontato di essere stati picchiati, pur ritrattando tutto dopo aver capito che quella dichiarazione aveva fatto scattare un meccanismo che loro non avevano previsto”, racconta Roat. Contestualmente, i professionisti scelti dalla famiglia che si occupavano dei ragazzi, e che erano a conoscenza della loro storia, vengono estromessi.
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La ‘pedagogia nera’
“Da quel momento le cose iniziano a peggiorare”, prosegue Roat. Soprattutto per Giacomo perché “il fratello più grande diventa maggiorenne, torna a casa e si ristabilisce”. Ma per Giacomo le cose precipitano. Non accetta di stare in comunità e scappa di continuo: così viene rinchiuso in una comunità psichiatrica, contro la sua volontà, per dodici mesi.
“All’interno di questi luoghi il regime è terribile; noi la chiamiamo ‘pedagogia nera’: rubi una mozzarella e resti chiuso nella stanza un giorno intero”, sostiene Roat, che aggiunge: “Lì i ragazzi sono sempre sotto psicofarmaci e inoltre Giacomo, come altri, in quella comunità ha iniziato a drogarsi a contatto con altri rinchiusi come lui, ha conosciuto la strada del crimine”. In queste strutture, infatti, si trovano spesso ragazzi con storie di crimine alle spalle.
Nel 2017 Giacomo esce finalmente dalla comunità ma è distrutto da quell’esperienza lunga un anno. La madre raccontava di episodi di maltrattamento da parte dei compagni di comunità e non solo: “Prima era un ragazzo difficile, ma non faceva uso di sostanze e non fumava, avevamo alcune speranze di poterlo aiutare. Ora siamo disperati.”
L’avvocato Miraglia: “Questo non è aiuto”
La vita di Giacomo è precipitata, insomma. Fino all’arrivo nell’ultima comunità, dove è stato dirottato, come provvedimento a seguito di un reato di spaccio. Da lì Giacomo è fuggito, facendo perdere le sue tracce. E senza che i servizi sociali ne fossero al corrente, fino a cinque giorni dopo la fuga. Gli stessi servizi sociali – come denuncia l’avvocato Francesco Miraglia – che avevano di fatto avviato Giacomo verso questo percorso.
“I servizi sociali, cui è affidato e che hanno disposto a suo tempo l’allontanamento del minore dalla famiglia nemmeno sapevano che fosse scomparso da ben cinque giorni. È questo l’aiuto che si fornisce ai ragazzi quanto li si toglie dalle famiglie e li si affida alle comunità? – attacca il legale – Questo ragazzo, sballottato da una comunità all’altra fin da piccolo, prima di frequentarle non fumava né spacciava”.
Il Ccdu e la famiglia hanno rivolto nelle scorse settimane un appello al sindaco di San Donato affinché intervenga nella risoluzione di questo caso, collaborando al ritrovamento di Giacomo. Lo sconcerto della famiglia deriva, tra l’altro, anche da ritrovamento – nel sacco degli indumenti appartenenti a Giacomo che la comunità ha restituito – una lettera in cui il ragazzo scriveva che si sarebbe allontanato.