Il conto salato per aver abbandonato Wind Infostrada

Caro Salvagente, ho disdetto il mio contratto con Infostrada per modifica delle condizioni contrattuali, in occasione del passaggio della fatturazione da 28 giorni a un mese cessando  sia telefono che internet. Nell’ultima bolletta mi hanno addebitato 65 euro di cessazione abbonamento. È giusto?
Giovanni Battista Martini, Massa

 

Caro Giovanni, abbiamo girato il suo quesito a Valentina Masciari, responsabile utenze di Konsumer Italia. Ecco la sua risposta.

Chiariamo subito che in caso di recesso a seguito di modifiche unilaterali al contratto telefonico, l’operatore non può applicare al cliente nessuna penale. Lo ha chiarito espressamente  l’AGCOM che è intervenuta per sanzionare il comportamento degli operatori telefonici.

La procedura stabilita in caso di modifiche unilaterali del contratto, prevede che i clienti che non vogliano accettare, appunto, le modifiche unilateralmente applicate dal proprio gestore, possano recedere dal contratto entro 30 giorni, senza penali ma, nella realtà, gli operatori in molti casi addebitano penali e costi vari.

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Vista questa prassi, l’AGCOM ha quindi stabilito che in tali ipotesi, l’operatore può solo richiedere il pagamento di eventuali rate residue di apparati acquistati con l’abbonamento telefonico ma ha anche previsto, che tale pagamento dovrà essere richiesto con modalità rispettose dei diritti dei consumatori. Sembra quindi esclusa la possibilità che gli operatori possano obbligare l’ex cliente a pagare il saldo in un’unica soluzione.

Tutto ciò, si va a legare, alle ultime linee guide dell’AGCOM, proprio in materia di recesso, in genere,  dal contratto telefonico. L’Autorità, infatti, si è finalmente resa conto che i gestori telefonici applicano costi di recesso assolutamente non giustificati e non proporzionati al valore del contratto. Ha quindi stabilito, ad esempio, che non potranno più chiedere il rimborso degli importi legati a promozioni godute o che i costi tecnici di cessazione dovranno essere commisurati alle reali spese sostenute dall’operatore.

Questo è il caso specifico prospettato dal Sig. Martini,  nella cui fattura sono presenti  dei costi richiesti per l’attività di cessazione della linea. Questi, però, sono dovuti solo in caso di chiusura definitiva della linea telefonica e non per passaggio ad altro operatore, perché in tale ultima ipotesi, i costi sono sostenuti dall’operatore entrante, quindi dal nuovo gestore. È però previsto, che vengano giustificati dal gestore, che dovrebbe documentare l’attività svolta e il relativo costo.

Non solo, da un gestore all’altro, ci sono differenze anche notevoli di valore: si passa da 35 euro ai 65 euro addebitati al sig. Martini e ancora, i costi in questione vengono addebitati anche in caso di portabilità del numero da un gestore all’altro, cosa non prevista.

Concretamente, sulla fattura del nostro lettore, i 65 euro “per attività di cessazione servizio” sono dovuti, ma il cliente potrebbe chiedere al suo gestore perché sono così elevati rispetto alla media; c’è poi un contributo per vendita apparato, pari a € 32,79, che dovrebbe riferirsi ad una vendita, suppoiamo, del modem; un “contributo per cessazione anticipata Fibra” che non è dovuto viste le regole generali sopra esposte e infine gli abbonamenti fino alla cessazione della linea, che è l’unica voce che andrebbe pagata senza alcun dubbio in merito.

Non ci resta che aspettare che l’AGCOM ascolti i parere dei vari operatori, processo che dovrebbe concludersi entro Luglio di quest’anno, e poi attendiamo di verificare se concretamente verranno ridotti, se non annullati in alcuni casi, i costi di disdetta.