Il garante della Privacy ha sanzionato Tim per una multa complessiva di 960mila euro perché l’operatore ha in due casi violato la normativa sulla protezione dei dati personali.
La prima vicenda è davvero surrelale. L’Authority ha multato per 800mila euro Tim a conclusione dell’iter avviato dopo la presentazione di un reclamo di un ignaro utente che si è ritrovato intestatario di 826 linee di telefonia fissa e, “moroso” a sua insaputa, si è accorto del problema quando ha iniziato a ricevere dei solleciti di recupero crediti di mancati pagamenti di bollette telefoniche. Le verifiche svolte dall’Autorità, si legge in una nota, hanno accertato l’ingiustificata assegnazione del rilevante numero di utenze telefoniche ad un’unica persona, dovuta – secondo quanto dichiarato da Tim – a non meglio precisati errori avvenuti durante l’attività di migrazione dei dati dei clienti da un sistema di gestione all’altro tra il 2002 e il 2004.
Altre numerazioni coinvolte
L’erronea intestazione avrebbe interessato anche numerosi altri utenti e si sarebbe propagata anche ad altri sistemi tra i quali il sistema di fatturazione e il sistema di richiesta anagrafica cliente (Rac). Un sistema, quest’ultimo, particolarmente delicato essendo preordinato a consentire la corretta effettuazione delle verifiche da parte delle forze di polizia e della magistratura (ad es., in caso di intercettazioni o acquisizione di tabulati telefonici). L’attuale ingiunzione di pagamento segue l’adozione del provvedimento del 6 aprile 2017 con il quale il Garante aveva ritenuto illecito il trattamento di dati personali effettuato da Tim. Con lo stesso provvedimento l’Autorità aveva anche ritenuto negligente e omissiva la condotta tenuta dalla società che, nonostante una segnalazione inviata dall’utente e per un lungo periodo di tempo, non aveva svolto le necessarie verifiche per sanare la posizione del cliente e di quanti si trovavano in situazioni analoghe.
“Illecita comunicazione di dati a terzi”
La seconda sanzione del Garante, di 160mila euro, punisce la società telefonica per un caso di data breach avvenuto a fine 2013. Il malfunzionamento di un sistema di autenticazione aveva comportato la visualizzazione di dati di altri clienti (numero di telefono, credito residuo, indirizzo e-mail, ultime quattro cifre della carta di credito, ove inserite) da parte di chi intendeva avvalersi dei servizi di assistenza on line. L’errato abbinamento dell’utenza ai dati corrispondenti aveva dunque comportato una illecita comunicazione di dati personali a terzi (altri abbonati o persone comunque non legittimate ad accedervi).