Dopo l’ok del Consiglio di Stato, il ministero della Salute si adegua: “I clienti dei supermercati possono portare da casa i sacchetti per frutta e verdura a patto che siano nuovi, monouso, destinati per alimenti e compostabili“, cioè biodegradabili in 3 mesi. Lo prevede una circolare del ministero che consente ai consumatori di poter scegliere se acquistarlo nel punto vendita o portare lo shopper bio da casa.
Una libertà di scelta invocata da più parti nei mesi passati anche se si rischia di creare molte criticità: chi controllerà la conformità del sacchetto “privato”? Chi valuterà la pulizia dello stesso? E in caso di tossinfezioni il supermercato sarà chiamato a risponderne? E le bilance saranno “tarate” anche per chi porta il suo sacchetto? E se no, le casse dovranno stornare il centesimo o i 2 centesimi del sacchetto “non acquistato”?
Solo per frutta e verdura
Si legge nel provvedimento diffuso oggi: “Deve ammettersi la possibilità di utilizzare – in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizione, a pagamento, nell’esercizio commerciale – contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quali frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore”. Quindi “non pare possibile che gli operatori del settore alimentare possano impedire o vietare tale facoltà di utilizzo”. Tuttavia, prosegue il ministero della Salute, “laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato nell’esercizio commerciale per l’acquisto di frutta e verdura sfusa, può utilizzare sacchetti autonomamente reperiti solo se idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alle caratteristiche di legge”. Quindi, “alla luce del parere del Consiglio di Stato (…) deve trattarsi di sacchetti monouso (quindi, non riutilizzabili), nuovi (quindi, non utilizzati in precedenza), integri, acquistati al di fuori degli esercizi commerciali, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti e aventi le caratteristiche ‘ambientali'” previste dalle legge 123/2017, che ha introdotto l’obbligo dei sacchetti compostabili a pagamento per l’ortofrutta.
“Negozio deve verificare l’idoneità del sacchetto”
“Ciascun esercizio commerciale – conclude il ministero – sarà dunque tenuto alla verifica dell’idoneità e della conformità a legge dei predetti sacchetti utilizzati dal consumatore”, potendo “vietare” i “sacchetti non conformi”. Il ministero della Salute vede “possibili criticità” legate alla “diversità di peso dei contenitori alternativi” rispetto alle buste dei supermarket. Le bilance delle casse “sono tarate in modo da sottrarre dal peso di frutta e verdura la tara del sacchetto messo a disposizione del cliente (4-6 grammi circa). L’uso dei ‘contenitori alternativi’ acquistati al di fuori degli esercizi commerciali impedirebbe il calcolo corretto della tara”.
Chiedete lo storno in cassa
La cosa vera è che il consumatore che non ha preso il sacchetto al reparto ortofrutta si vedrà lo stesso caricare il costo dello shopper nel momento in cui pesa la mercanzia. A quel punto dovrà chiedere in cassa lo storno di quanto addebitato ingiustamente. Insomma un bel caos.
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Critici i consumatori
“La circolare del ministero della salute sui sacchetti bio non risolve un bel nulla perchè non consente di portare le borse riutilizzabili da casa, ma solo quelle nuove” afferma Massimiliano Dona presidente dell’Unc, Unione nazionale consumatori