Solo i prossimi anni potranno dirci se la febbre di questi mesi per i bitcoin sia solo un’illusione o il giusto entusiasmo per uno strumento finanziario virtuale che sarà la moneta del futuro. Intanto, l’interesse per la criptomoneta più famosa, e per le sue sorelle minori, continua a crescere. E questo nonostante il tonfo dell’ultimo mese in cui ha perso più del 40% passando da 16.857 euro del 16 dicembre 2017 ai 8.896 euro del 29 gennaio.
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La ragione della incessante fede in questa valuta virtuale è legata all’alto tasso di rendimento fin’ora registrato. Solo nell’ultimo anno, è cresciuta del 1.300%. Significa che se a gennaio 2017 aveste investito 100 euro in bitcoin, all’inizio del 2018 vi sareste ritrovati con 1.400 euro, mentre la stessa cifra investita in titoli di Stato avrebbe fruttato solo 2 euro.
Da qui, l’enorme corsa a cambiare euro in criptovaluta tramite le piattaforme digitali che permettono la conversione. L’interesse è supportato anche dalla natura stessa del mezzo, un sistema di calcolo informatico condiviso, creato dal misterioso Satoshi Nakamoto, pensato per non avere un centro di controllo, e per sfuggire alle regole delle normali valute. Tanto da aver stimolato la nascita di altre criptomonete con protocolli simili: bitcoin cash, ethereum, litecoin, sono le più famose. E tanto da aver attirato l’attenzione di soggetti ben più tradizionali.
È il caso di Ripple, la criptomoneta nata per agevolare le banche, che ha come membri UniCredit, American Express, Ubs, e tra gli investitori Google, Santander e Accenture. Persino Vladimir Putin, presidente della Russia, ha dato mandato ai suoi esperti di studiare una criptomoneta nazionale.
La Cina frena
Tutte rose e fiori? Non proprio. Non essendo ancorato a un corrispettivo fisico come le normali monete, il bitcoin è altamente volatile, e non avendo alle spalle un’autorità centrale o una regolamentazione istituzionale, non ha neanche garanzie di alcun tipo per gli investitori. E dal punto di vista politico, ci sono pesi massimi mondiali come la Cina che cominciano a tirare il freno. Secondo quando anticipato da Bloomberg, il governo di Pechino avrebbe pronto un piano per porre fine gradualmente alle operazione di “mining” (i calcoli che servono a effettuare una transazione) nel suo territorio, per paura di crisi finanziarie e per il crescente impatto energetico di questa attività.
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L’ottimismo del settore
Ma chi sta lavorando nel settore, continua a mantenere un grande ottimismo, come l’italiano Federico Pecoraro, Ceo di Chainblock una società che ha installato degli sportelli Atm per acquistare bitcoin, litecoin ed ethereum (nei prossimi mesi dovrebbe essere disponibile anche la funzione di prelievo in euro dal proprio portafoglio virtuale di criptovaluta) in 5 città italiane e in altri paesi europei.
“Il bitcoin dal 2009 ad oggi – sostiene Pecoraro – è sempre salito e continuerà sempre a salire. Il crollo di dicembre è stato un riassestamento di prezzo, non un crollo, lo fa sempre, basta guardare i grafici. Non è solo una rivoluzione economico-finanziaria, ma è proprio l’evoluzione stessa dell’economia”.
L’esperto, però si fa cauto quando è ora di passare ai consigli d’investimento che darebbe a uno zio con qualche centinaio di euro da depositare: “Consiglio di mettere quello che si può mettere, il 10% che si è disposti a poter perdere, come in altre forme di investimento”.