Probabilmente neanche il governo che ha imposto la tassa sui sacchetti di plastica biodegradabili per l’ortofrutta si sarebbe aspettato una bufera di queste dimensioni. Gli italiani sembrano non volerne sapere di pagare da 1 a 3 centesimi (questa la media stimata) per ogni contenitore che arriva la cassa dal reparto di frutta e verdura del supermercato. Tanto che sui social cominciano a girare fotografie di vegetali con l’etichetta del peso emessa dalla bilancia del reparto applicata direttamente sulla buccia. Un modo per “fregare” l’imposizione della microtassa che però si è rivelata una bufala. L’ammontare del sacchetto viene infatti calcolata dalla cassa direttamente a partire dall’etichetta, e non dalla busta in sé.
La nostra verifica
Secondo quanto previsto dalla nuova normativa, infatti, il costo dello shopper deve essere indicato sullo scontrino. È bastato comprare in due supermercati di Roma una arancia con sopra l’etichetta del costo applicata direttamente, pagare e verificare. In entrambi i casi shopper risultava pagato, anche se non era stato effettivamente prelevato. Con una differenza sostanziale: presso la InCoop, il cassiere gentile e preciso ci ha stornato il costo del sacchetto prima ancora che lo chiedessimo mentre da Simply, ci è toccato pagare lo shopper fantasma. Risultato: se compro dieci arance e le etichetto singolarmente invece di metterle dentro lo shopper bio, pago dieci volte tanto il contenitore. Insomma per risparmiare sul sacchetto per l’ortofrutta bisognerebbe chiedere lo storno del costo arrivati alla cassa. Operazione che però rischia di essere difficile e creare discussioni accese, se immaginiamo come l’operazione rallenterebbe la coda al supermercato durante le ore di punta. Purtroppo non sembra ci sia alternativa, anche perché portarselo da casa non è consentito dalla legge per motivi igienici. E a fare la “resistenza dell’etichetta” si rischia di fare anche peggio.
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