Sono arrivati i Nas mandati da Roma ad interrompere la cura sperimentale su cento veneti con alte concentrazioni di Pfas nel sangue, ed è scoppiata la polemica. L’ennesimo capitolo dello scontro tra il ministero della Salute e la Regione Veneto sugli effetti delle sostanze perfluoroalchiliche che per decenni hanno inquinato le falde acquifere dall’azienda Miteni di Trissino, tra le province di Vicenza, Verona e Padova. 85mila persone contaminate di cui tre mesi fa un centinaio aveva accettato di seguire un protocollo sperimentale basato sulla pulizia del sangue, chiamato plasmaferesi.
Ministero: Nessuno ci ha avvisati
Come riporta Repubblica, secondo il ministero della Salute, Zaia “non ha mai coinvolto il governo” in una serie di trattamenti che “non hanno solide basi scientifiche”. Il governatore veneto ha rimandato le accuse al mittente: “Tra gennaio, giugno e settembre abbiamo informato ufficialmente Roma tre volte, ottenendo anche il via libera del Comitato regionale di bioetica”. Lo stesso direttore generale della Sanità , Domenico Mantoan, si è sottoposto al trattamento, che – aggiunge Zaia – “è una pratica internazionale che in italia viene effettuata ogni anno da 400mila pazienti, di cui 56mila veneti”.Nel frattempo, gli agenti dei Nas hanno imposto l’interruzione del protocollo negli ospedali di Vicenza e Padova, sequestrando le carte anche negli uffici della Regione.
Pareri discordi
Un contrasto, quello tra istituzioni centrale e regionali che getta nello sconforto i veneti coinvolti dalla contaminazione, e che adesso oscillano tra due forme di angoscia: l’interruzione di una cura che secondo le rilevazioni su alcuni pazienti sembrano aver effettivamente ridotto la presenza di pfas nel sangue, e l’aver fatto da cavie a un trattamento definito “invasivo” dagli specialisti del ministero.Â