La frequenza alla scuola primaria di un figlio costa a una famiglia in cinque anni 1.000 euro, esattamente 200 euro all’anno. Ne servono invece 1.000 euro all’anno per far fronte alle spese scolastiche (libri di testo in primis) di uno studente che frequenta la scuola media o quella superiore. I costi si impennano per mandare all’Università : dai 2.400 euro annui, per uno studente che vive con i genitori, agli oltre 10mila per i fuorisede che devono far fronte anche alle spese dell’alloggio. Ma far laurerare il proprio figlio continua a rendere molto di più di un investimento in titoli di Stato per lo stesso periodo.
Il quadro emerge dall’ultimo Rapporto Coop presentato giovedì scorso a Milano. Tra i tanti aspetti affrontati c’è proprio il capitolo “Spese scolastiche”. L’Italia è ancora il fanalino di coda: investiamo nell’istruzione e nella formazione il 4,1% del Pil, meno della Grecia (4,4%), della Germania (4,3%), della Francia (5,5%) e del Portogallo che, nonostante le difficoltà economiche, destina alla scuola il 6,2% del Prodotto interno lordo.
Si comincia a spendere presto
Si comincia dalla primaria ad aprire il portafogli: “Per i bambini che iniziano la scuola primaria – si legge nel Rapporto Coop – gli unici acquisti da pianificare sono zaino e astuccio, dal momento che i libri di testo sono gratuiti attraverso la consegna delle cedole librarie. Per la dotazione di base eÌ€ quindi ragionevole conteggiare una cifra di circa 200 euro l’anno, cui potrebbe aggiungersi, in taluni casi, il costo relativo al servizio mensa, a quello di trasporto per il tragitto casa-scuola e ad eventuali servizi di post scuola”.
Il conto sale a circa mille euro all’anno nella secondaria di primo grado, le “vecchie” medie, e di secondo, le “ex” superiori: “Con il passaggio alla scuola media e, successivamente, a quella superiore, l’esborso piuÌ€ oneroso diventa quello per i libri di testo, per il cui acquisto vanno messi in conto circa 300 euro l’anno. L’iscrizione alle scuole statali eÌ€ gratuita, ad eccezione di una tassa per le classi quarta e quinta superiore che comprende tributo di iscrizione, di frequenza, di esame e di diploma, che complessivamente valgono una tantum circa 50 euro. Nel caso di alcuni istituti, eÌ€ previsto il versamento di una seconda imposta, ossia il contributo scolastico, richiesto a titolo facoltativo (circa 100 euro per garantire il buon funzionamento della struttura scolastica)”.
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Se poi si include il trasporto (l’abbonamento annuale) e i dizionari per i licei la spesa cresce: “Il costo dell’abbonamento – scrivono gli estensori del Rapporto – del trasporto pubblico per gli studenti eÌ€ pari in media nazionale a circa 200 euro ed ulteriore materiale scolastico da acquistare, ad esempio i vocabolari per i licei ed il materiale tecnico per gli indirizzi professionali, costa in media 500 euro“.
Cara-Università , ma rende più dei Btp
Di tutt’altro tenore sono le spese per la formazione universitaria, anche se l’am- montare delle risorse dipende da un mix di variabili, ad esempio se lo studente è iscritto a un ateneo privato (fino a 20mila euro all’anno) oppure pubblico (10mila euro annui, affitto incluso); se frequenta una facoltaÌ€ scientifica o una umanistica; incide poi il reddito familiare e se lo studente è in sede oppure fuorisede e in quest’ultimo caso i costi per l’affitto hanno il loro peso.
Ma far laurerare un figlio è un’investimento proficuo, come mostra la foto accanto: a conti fatti far studiare un figlio costa in Italia quanto una casa di proprietaÌ€ in provincia ma per chi puoÌ€ permettersi l’investimento, il rendimento (7-9% annuo) eÌ€ superiore a quello di qualsiasi altra attivitaÌ€ finanziaria, soprautto di un Btp decennale (2% di tasso di interesse.
Numeri interessanti, di fronte ai quali però ci si aspetterebbe maggiori risorse pubbliche per favorire l’accesso all’Università e ridurre i costi dell’istruzione, diritto costituzionale molto spesso negato ai più.