Ogni anno spariscono nel nulla circa 150.000 animali. Lo dice il Rapporto Zoomafie 2017 della Lav, che fotografa ogni anno la situazione dei crimini contro gli animali in Italia.
Il furto di bestiame, in gergo giuridico reato di abigeato, “è sempre stato sottovalutato, considerato a torto un fatto penale di lieve entità ” ci dice Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’Osservatorio Zoomafia della Lav che ha redatto il Rapporto 2017.
Ma negli ultimi anni è tornato alla ribalta, le numerose denunce degli allevatori hanno evidenÂziato un riÂtorno del furto di mucche, cavalli, maiali, peÂcore, agnelli: “Non abbiamo dati che ci dicano se è in aumento – commenta Troiano – ma certamente è un reato che continua ad essere costantemente perpetrato ai danni degli animali da allevamento, le prime vittime di un fenomeno che cela interessi economici enormi“. Un business da 250 milioni di euro, per l’esattezza.
Furti di bestiame, a che scopo?
E qui sta il punto: che fine fanno gli animali che svaniscono nel nulla? A che scopo sono stati rubati ad esempio i 12.500 capi di bestiame spariti in Sicilia nel 2015?
L’abigeato rimanda innanzitutto alla macellazione clandestina, per cui la paura è che gli animali vengano reintrodotti nel circuito alimentare, senza controlli né rispetto delle norme igienico o per l’animale, con evidenti problemi di natura sanitaria.
In pratica i passaggi di solito sono questi: dopo il furto del bestiame si passa alla macellazione clandestina per arrivare alla messa in commercio nei punti vendita al consumatore inconsapevole.
Da brividi sono alcuni casi che raccontano della macellazione illegale di vecchi cavalli da corsa, le cui carni sono infettate da farmaci dopanti, assunti per poter gareggiare.
Cosa può arrivare in tavola
Insomma, il rischio che qualche fettina infetta arrivi sulla tavola c’è o no?
“Quello della macellazione clandestina e, quindi, del consumo è senz’altro uno dei fini dell’abigeato. Ma non c’è da lanciare nessun allarme, in Italia il sistema dei controlli è serio e rigoroso” rassicura Troiano. E in effetti, la filiera delle carni è oggetto di sistematici controlli eseguiti dai Carabinieri dei NAS nell’ambito di una pianificazione annuale concordata con il Ministro della Salute.
Basta questo a tranquillizzare i consumatori? Non del tutto, stando alle parole di Vincenzo Di Marco, a capo della Commissione siciliana sulla filiera della carne, nominata dal Governatore Crocetta all’indomani dell’attentato a Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi. Nel novembre 2016, in occasione della consegna della prima bozza di relazione del lavoro svolto, Di Marco ha parlato di “un mercato parallelo della macellazione e distribuzione di carne che sfugge a qualsiasi controllo. Il sistema in chiaro, per così dire, possiamo dire che funziona e i controlli ci sono. È il nero che sfugge ed è pericoloso per la salute dei cittadini”.
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Troiano: “Necessario combattere il fenomeno seriamente”
L’unica strada è, dunque, continuare a combattere il fenomeno senza sottovalutarlo. Ma come?
“Il furto di bestiame non si improvvisa – spiega sempre il criminologo Troiano – è fatto da persone esperte e ben organizzate, e spesso coinvolge anche pubblici ufficiali infedeli. Un vero e proprio apparato collusivo, che si può contrastare solo con un cambio di strategia investigativa. La sparizione di decine di mucche non può che nascondere una realtà criminale più ampia, non ci si può fermare a valutare e punire solo il furto in sé come fatto finora”.
Il cambio di passo è avvenuto ad esempio in Sicilia: “Qui – conferma Troiano – dopo l’attentato al presidente del Parco dei Nebrodi non si è potuto più fare finta di non vedere: esiste una mafia dei pascoli, e il business dei terreni e dei contributi europei per lo Sviluppo rurale è in mano ad organizzazioni criminali. La nomina della Commissione è un’ottima cosa”.