Nel giorno in cui va in vigore l’etichettatura di origine del latte italiano cala una tegola pesante su quello spagnolo. A lanciarla una ricerca spagnola, condotta dal Dipartimento di Chimica Analitica, Nutrizione e Bromatologia, della Facoltà di Medicina Veterinaria, dell’Università di Santiago di Compostela, a Lugo, con una ricerca pubblicata sul Journal of Dairy Science.
12 farmaci diversi
Gli autori hanno misurato un totale di 12 farmaci nelle acque impiegate negli allevamenti di vacche da latte. In particolare il 29% dei campioni analizzati conteneva più di un farmaco.
I ricercatori non escludono che i residui possano arrivare al latte dalle acque utilizzate per la pulizia delle vasche.
Dei 19 farmaci analizzati, 12 sono stati rilevati nelle acque di pulizia delle sale di mungitura, che secondo le norme europee dovrebbero essere della stessa qualità dell’acqua potabile.
Questi farmaci appartengono a tre dei gruppi più utilizzati terapeutiche: antimicrobici, coccidiostatici, e corticosteroidi. I più frequenti sono stati gli antimicrobici con sulfamidici e chinoloni misurati nel 57% dei campioni.
Le origini della contaminazione
Secondo i ricercatori la contaminazione dei campioni può derivare da quella delle fonti di acqua utilizzate nel trattamento degli impianti o dai concimi sparsi sulle colture utilizzate per i mangimi.
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A prescindere dall’origine, resta il fatto che questi residui di farmaci possono entrare nella catena alimentare umana attraverso le sale di mungitura.
I pericoli per i consumatori
Gli effetti del consumo continuo di queste miscele di farmaci sono noti e gli antimicrobici possono influenzare il microbiota intestinale umano o avere effetti tossici per i consumatori sensibili, come i bambini, gli anziani, gli individui allergici che consumano spesso latte.
Il problema maggiore, però, è che anche bassi livelli di questi antimicrobici possono portare allo sviluppo di batteri con geni di resistenza nei consumatori.