La Commissione Europea ha annunciato di aver sviluppato un nuovo metodo promettente per le nanoparticelle come il biossido di titanio, che vengono utilizzate in ingredienti alimentari e mangimi. Come riporta FooNavigator, citando Food Additives & Contaminants, I ricercatori del Centro di ricerca comune della Commissione europea in Belgio hanno sviluppato una metodologia per la caratterizzazione dei materiali contenenti nanoparticelle. La notizia che viene dalla Commissione è importante perché la caratterizzazione effettiva dei nanomateriali ha dimostrato di essere una sfida difficile, con la conseguente difficoltà a stabilire una soglia entro cui tollerarli negli alimenti. Secondo Joseph Waldstein, addetto stampa per la Ce, ci sono ancora diversi problemi tecnici prima che la metodologia possa essere utilizzata per implementare la definizione dei nanomateriali, anche se “Lo stesso approccio utilizzato in questo studio è stato applicato con successo alla caratterizzazione di diversi materiali disponibili in commercio, alcuni autorizzati e utilizzati come additivi per mangimi nel mercato europeo”.
I rischi
Ma a quali rischi sono associati i nanomateriali? L’esposizione a ossidi di metallo in nanoparticelle, come quella che può esserci negli alimenti e nell’acqua potabile, può determinare cambiamenti nei batteri dell’intestino umano. È il risultato di una ricerca dell’Università della California, pubblicata su Environmental Engineering Science. Gli scienziati hanno usato un modello di intestino umano, esponendolo alle più comuni nanoparticelle – ossido di zinco, titanio diossido e diossido di cerio – misurando poi gli effetti sulla flora batterica del colon. “Una ricerca che può indicare i potenziali impatti delle nanoparticelle sulla salute umana” ha suggerito il team del professor Sharom Walker.
Migliaia di prodotti già in commercio
Questo nuovo studio, il primo di questo tipo, avviene proprio nel paese, gli Stati Uniti, dove più forte è l’investimento delle industrie sull’uso di nanoparticelle. Come risulta al Test, nell’inchiesta presentata sul numero del Test-Salvagente del maggio 2015, solo nel 2013 erano 1.628 i prodotti alimentari o meno che, soprattutto negli Usa, sono stati messi in commercio. Un’enormità se si pensa che nel 2008 negli Stati Uniti erano solo 8. E il risultato sulla salute dei consumatori è ancora troppo incerto, tanto che esperti come Stefano Montanari, l’autore della ricerca choc sulle antiaderenti pubblicata su Il Test, commentano: “Il pericolo è quello comune a tutte le particelle, e questo indipendentemente dalla loro composizione. La patogenicità è legata principalmente all’essere corpi estranei e come tali essere percepiti dal nostro organismo”.