Era morta il 13 luglio del 2015, stroncata da un infarto sotto un tendone nelle campagne di Andria, Paola Clemente, di soli 49 anni. Oggi arriva per lei un po’ di giustizia: sei persone sono finite in manette nel corso di un’operazione della Guardia di Finanza e della polizia coordinate dal pm della procura di Trani, Alessandro Pesce. I fermati non sono accusati di aver causato la morte della donna, ma e proprio dalla denuncia del marito e della Cgil dopo la tragedia, che è partita l’indagine arrivata a termine con i seguenti capi d’accusa: truffa ai danni dello Stato, illecita intermediazione, sfruttamento del lavoro.
Gli arrestati
A finire in carcere sono Ciro Grassi, il titolare dell’azienda di trasporti tarantina che portava in pullman le braccianti fino ad Andria, il direttore dell’agenzia Inforgroup di Noicattaro, Pietro Bello, per la quale la signora lavorava, il ragioniere Giampietro Marinaro e il collega Oronzo Catacchio; Maria Lucia Marinaro, moglie di Grassi, che avrebbe fatto risultare giornate di lavoro inesistenti per intascare le indennità previdenziali, e la sorella Giovanna (ai domiciliari), che avrebbe lavorato nei campi come ‘capo-squadra’. Paola, nello specifico, lavorava all’acinellatura dell’uva.
Pagata un terzo del dovuto
Secondo quanto riporta Repubblica, la frode consisterebbe nella differenza tra le indicazioni delle buste paga dell’agenzia interinale che forniva manodopera e le giornate di lavoro effettivamente svolte dalle braccianti. Le lavoratrici venivano pagate 28 euro al giorno invece dei 45 euro della paga base più, per chi come Paola veniva da lontano, il corrispettivo dovuto per la trasferta ad Andria, le ore di straordinario e il notturno. Circa 86 euro complessivi, tre volte la cifra realmente percepita. Grazie alla legge contro il caporalato, approvata in autunno, gli arrestati rischiano fino ad 8 anni di carcere.