Dazi digitali: sei italiano? Il tour operator tedesco ti fa pagare di più

Un utente italiano aveva prenotato un pacchetto vacanze on line attraverso un tour operator tedesco. Una volta arrivato a destinazione, però, è stato costretto a versare un sovrapprezzo perché l’offerta  era limitata solo a turisti tedeschi. Altro che Europa unita e abolizione delle frontiere e dei dazi doganali. Un recente report della rete European Consumer Centres Network (ECC-Net), organismi presenti in tutti gli Stati membri che offrono assistenza ai consumatori qualora hanno delle controversie, ad esempio, con venditori residenti in un altro paese europeo, ha messo in evidenza come  i consumatori  devono ancora fare i conti con “barriere invisibili”  e possono trovarsi di fronte a rifiuti di consegna o prezzi più alti  a causa della propria nazionalità o luogo di residenza. Gli utenti più discriminati? Austriaci, italiani e irlandesi. Lo si ricava leggendo il numero di reclami arrivati per questi motivi ai centri di assistenza ai consumatori: le segnalazioni più ricorrenti provengono dall’Austria (138), l’Italia (68) e Irlanda (66).

Storie di ordinaria discriminazione

E le storie sono davvero paradossali. Un consumatore irlandese ad esempio ha partecipato ad una maratona organizzata da un professionista residente nel Regno Unito, ma ha dovuto pagare una quota di partecipazione più alta rispetto agli altri partecipanti  in quanto il costo indicato era  applicabile solo ai residenti nel Regno Unito.

Durante la procedura di acquisto su un sito tedesco, ad un consumatore austriaco è stato richiesto di indicare il proprio paese di residenza. Inserito il proprio indirizzo, il consumatore è stato informato che l’acquisto poteva essere effettuato solo sulla versione austriaca del sito dove il prezzo della stessa t-shirt  era di gran lunga superiore.

Un consumatore italiano che, portatore di specifiche esigenze,  acquistava  abitualmente le proprie calzature dal sito di un venditore inglese, si è visto improvvisamente negare l’accesso e reindirizzato alla versione italiana dello stesso sito dove erano disponibili calzature fino alla taglia 46, mentre il consumatore calzava la taglia 48.

Non sei redidente? Sito inaccessibile

“I reclami – scrive in una nota l’ECC-Net italiano – testimoniano la tendenza di alcune aziende a creare barriere artificiali  adducendo motivazioni spesso ingiustificate. Le aziende che praticano differenziazioni di prezzo e dei servizi forniti sulla base della nazionalità o residenza dei consumatori bloccavano l’accesso al sito, reindirizzavano automaticamente i consumatori su un altro sito web, rifiutavano la consegna del bene o il pagamento o imponevano prezzi o condizioni di vendita differenti”.

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Blocchiamo il “geo-blocking”

A fine novembre il Consiglio europeo ha approvato una bozza di regolamento per vietare l’uso non giustificato del blocco geografico (geo-blocking) tra Stati membri, ovvero la pratica discriminatoria di impedire ai consumatori l’accesso a servizi e prodotti offerti da un sito che sta in un altro paese europeo. L’idea è anche di favorire in questo modo l’e-commerce e il mercato unico digitale. La bozza dovrà poi essere negoziata con l’Europarlamento.