Olanda, al via la campagna contro il falso integrale. E da noi tutto tace

I benefici dei cereali integrali sono noti:  riducono il rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, alcuni tipi di cancro e contribuiscono a mantenere il colesterolo entro valori accettabili. Tuttavia, in mancanza di una normativa europea che regolamenti il settore, non tutti i cibi che vengono spacciati per integrali lo sono al 100%. Accade in Italia ma anche in Olanda dove un’associazione dei consumatori, Consumentenbond, si sta battendo per chiedere alle istituzioni regole di etichettatura più severe per tutelare i cittadini e la loro buona fede.

I vantaggi dei cereali non raffinati

I cereali integrali sono ricchi di fibre, ma, sebbene da tempo siano noti i benefici di queste ultime per la salute del cuore e dell’intestino, sembra che essi svolgano un ruolo protettivo che va ben oltre quello della fibra. Gli studi evidenziano infatti che nelle donne gli effetti salutari dei cereali integrali nei confronti dei disturbi cardiaci sono superiori a quelli legati alle fibre, mentre negli uomini una quota significativa della funzione protettiva è riconducibile alla componente fibrosa o crusca. I benefici dei cereali integrali sono ampiamente associati al consumo di tutte le loro sostanze nutritive, che comprendono vitamine (gruppo B e vitamina E), sali minerali (ferro, magnesio, zinco, potassio, selenio), acidi grassi essenziali, fitochimici (sostanze fisiologicamente attive di piante che recano benefici funzionali alla salute) e altri componenti bioattivi. Molte delle sostanze benefiche si trovano nel germe e nella crusca e comprendono amidi resistenti, oligosaccaridi, inulina, lignani, fitosteroli, acido fitico, tannini, lipidi e antiossidanti, come gli acidi fenolici e i flavonoidi. Si ritiene che tali nutrienti e altri composti, se consumati insieme, abbiano un effetto additivo e sinergico sulla salute. Nel Regno Unito, un terzo circa degli adulti e il 27% dei bambini non consumano alcun cereale integrale e solo il 5-6% della popolazione raggiunge le tre porzioni giornaliere. Allo stesso modo, negli Stati Uniti, secondo una recente relazione del Dipartimento dell’Agricoltura (Usda), solo il 7% degli americani raggiunge le tre porzioni di cereali integrali al giorno.

La campagna di sensibilizzazione olandese

Per raggiungere il suo obiettivo, l’associazione ha lanciato una campagna – Kletsplaatjes – per denunciare quanto le etichette degli alimenti integrali siano fuorivianti. Giusto per rendere l’idea, Consumentenbond cita l’esempio delle fette biscottate integrali in vendita nel supermercato Jumbo che contengono solo il 41% di farina integrale. “Quanto basta per far apparire il cracker marrone” fanno sapere i consumatori olandesi aggiungendo che “si possono fare molti esempi di quest tipo in cui l’obiettivo è indurre in errore i consumatori convinti di mangiare una quantità di fibre alimentari maggiore di quello che realmente stanno mangiando”. Tra l’altro, non si può sottovalutare che la farina bianca – utilizzata per compensare la mancanza di quella integrale – costa molto di meno di quella non raffinata, oltre a contenere un terzo di fibre in meno.

Italia, la proposta di legge per le farine “integre”

Tutto legale. I produttori approfittano di un “buco” nella normativa. Ad oggi, solo il pane per essere etichettato come “integrale” deve contenere il 100% farina integrale mentre per altri prodotti popolari come pane croccante, biscotti di pan di zenzero e le fette biscottate non esistono regole e i produttori fanno un pò come vogliono approfittando della grande richiesta che i consumatori fanno di prodotti a base di cereali non raffinati. Chi pensa che nel nostro paese le cose siano diverse, si sbaglia di grosso: attualmente i produttori non hanno alcun vincolo e possono spacciarci per integrale anche alimenti che il grano non raffinato l’hanno appena “sfiorato”. Per acquisatre con consapevolezza, è necessario leggere sempre l’etichetta e prediligere quelli che hanno tra i primi ingredienti i cereali integrali (farina integrale di frumento, avena integrale, mais integrale). Un “far west” che si sta cercando faticosamente di ridimensionare come dimostra una proposta di legge presentata dal deputato pentastellato Giuseppe L’Abbate. La proposta di legge, presentata dal capogruppo M5S in commissione Agricoltura alla Camera ha cominciato l’iter di discussione e mira a disciplinare per legge l’uso “farine di grano non raffinate”.

“Con l’introduzione della dicitura ‘farine integre’ puntiamo a fare finalmente chiarezza ed a distinguere i prodotti 100% integrali da quelli che vedono oggi le farine raffinate mischiate a crusca o cruschello – spiega a Testmagazine Giuseppe L’Abbate – così facendo avremo un doppio beneficio: da un lato i consumatori potranno scegliere liberamente, avendo a disposizione maggiori informazioni, dall’altro i produttori saranno tutelati perché vedranno valorizzato il loro prodotto.

“La norma – prosegue – consente di fare chiarezza e porre uno stop al ‘calderone‘ nel quale tutto finisce per essere integrale. Confidiamo in un percorso condiviso con la maggioranza nella speranza che si giunga presto al voto finale”.

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