È innegabile che i nostri figli siano nativi digitali come li ha chiamati Paolo Ferri o ancora “Generazione app” per citare Howard Gardner. I bambini italiani, così come quelli del resto d’Europa e dei paesi del mondo più industrializzati, sono esattamente “dentro la rete”, per dirla con il filosofo dell’infosfera Luciano Floridi. Un dato di fatto, di cui prendere atto innanzitutto. Ma su cui i genitori devono riflettere e documentarsi perché se è vero che è sbagliato attribuire al boom digitale ogni male nella crescita emotiva e cognitiva dei nostri bambini, è altrettanto vero che questi strumenti non devono essere baby sitter che li tengono occupati, ma opportunità da dosare e maneggiare con cura. In aiuto può venire l’elenco minimo di regole tracciato in un documento del Dipartimento di Adolescenza della Società brasiliana di pediatria, che riportiamo in sintesi.
E da noi? “La Società italiana di pediatria, in linea con l’American academy of pediatrics, consiglia non più di due, massimo tre ore al giorno tra tv e apparecchiature digitali, in media”, riferisce Pietro Ferrara, responsabile dell’ambulatorio di Nefrologia pediatrica del dipartimento di Scienze pediatriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ovvio che si tratta di un parametro di “buon senso” che può modificarsi ma che aiuta a dare la giusta misura. “È anche vero che negli Usa il pericolo dell’utilizzo indiscriminato è più forte che nel nostro paese, ma comunque è importante stare all’erta perché sono in aumento anche i casi di patologie vere e proprie, forme di dipendenza forte che vanno curate”, aggiunge il medico. Tanto è vero che all’ospedale Gemelli di Roma è stato attivato un Centro per le ludopatie aperto anche ai bambini e ai teenager.
Le conseguenze di un’overdose di tv
Tra le conseguenze sulla salute più visibili dovute all’uso eccessivo di tablet, console e computer i pediatri citano sovrappeso e obesità causate dalla sedentarietà e dall’apporto di più calorie (si sta in casa e si mangia di più) ma anche disturbi visivi, dolori muscolari e articolari, fa sapere Ferrara. E, ancora, una diminuzione della capacità di concentrazione, e quindi – talvolta – un peggioramento del rendimento scolastico. Il rischio più grave è quello che ricade sulla sfera emotiva e sociale: “L’estremo sono i famosi ‘hikikomori’, i bambini-ragazzini che in Giappone hanno scelto di ritirarsi in camera loro per vivere solo di virtuale; ma tralasciando questi casi ancora estremi, ciò a cui bisogna davvero fare attenzione, anche tra i bambini futuri pre-adolescenti, sono cyberbullismo e pornografia”. Aspetti che sono davvero da studiare e approfondire, che nascono da un’esposizione continua all’aggressività e che intaccano la capacità di provare empatia, ovvero comprensione della sensibilità altrui, secondo la pedagogista di Mariagrazia Contini della facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Bologna. E che intaccano la costruzione dell’identità del bambino compromettendone la vita futura.
Il brutto e il bello del digitale
“Cominciamo col dire innanzitutto che gli aspetti positivi del proporre strumenti digitali ai bimbi sotto i due anni sono pochi”, chiarisce la docente. “I lati positivi aumentano nel caso dei bimbi più grandi – spiega – perché attraverso gli strumenti digitali possono approfondire, organizzare le conoscenze, cercare”. Gli insegnanti però riferiscono che i bambini “soffrono” “della mania dello zapping anche a scuola perché percepiscono la lentezza di una spiegazione rispetto alla velocità dello strumento digitale come una cosa negativa, benché in realtà sia noto che le reti neurali si attivano proprio quando non si fa niente”. Ma la noia è ormai un lusso, anche per gli adulti, e la velocità azzera lo spirito critico, aggiunge Contini. Inoltre, se è vero che lo strumento digitale può aiutare molto il bambino ad apprendere o a informarsi, è anche vero che la velocità con cui si arriva alla risposta al proprio quesito azzera in un certo qual modo il processo di analisi che porta ad arrivare a quel risultato.
Non è un male, ma…
Roberta Franceschetti, esperta di digitale e bambini e cofondatrice del portale Mamamò, concorda su questi aspetti ma sottolinea: “Non possiamo sostenere che il digitale sia responsabile dei mali della nostra epoca”. I “mali” hanno senza dubbio altre cause: “Gli spazi urbani dedicati ai bambini non ci sono ormai più, le loro vite sono iperprogrammate, non si lascia loro tempo per giocare all’aria aperta, per stare con gli amici”, per annoiarsi e per sperimentare. Per questo sono spesso soli e la rete, il tablet, la console diventano una risposta efficace e veloce a questa assenza di relazioni. Ma quando i bambini conoscono il piacere di una corsa o di una pedalata o di un giro coi pattini, riescono a fare un uso equilibrato dello strumento digitale. Tuttavia, troppo spesso “i genitori sono profondamente disinformati su ciò che la tecnologia offre, in senso positivo e negativo: lasciano i bambini soli con questi dispositivi, senza neanche sperimentare la condivisione, che invece incentiva lo sviluppo cognitivo”.
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