Il Summary Report del meeting congiunto di esperti WHO-FAO? Un enorme favore all’agribusiness.
È questo in estrema sintesi, il sunto del comunicato di Carlo Modonesi e Celestino Panizza, coordinatori gruppo di lavoro sui pesticidi di Isde Italia, l’International society of doctors for the environment-Associazione medici per l’ambiente.
LA SVOLTA INNOCENTISTA
Il panel WHO-FAO aveva concluso che è improbabile che il diazinon (insetticida sintetizzato nel 1952 dalla Ciba-Geigy) costituisca un rischio cancerogeno per l’uomo. Stessa assoluzione per l’insetticida malathion e i suoi metaboliti, per il quale il gruppo di esperti, pur riconoscendo alcune evidenze di cancerogenicità (linfomi non Hodgkin e cancro della prostata), ha concluso che assunto con gli alimenti non comporta un rischio di cancerogenicità per l’uomo.
Lo ricorderete, nel “giro di assoluzioni” anche il glifosato se assunto per via alimentare non costituisce un rischio cancerogeno per l’uomo, e si stabilisce che la dose quotidiana accettabile di assunzione (ADI: Acceptable Daily Intake) è 0-1 mg/kg di peso corporeo.
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Il glifosato è l’erbicida più utilizzato su scala globale, per cui la valutazione di cancerogenicità espressa da IARC nel 2015 ha suscitato forti preoccupazioni nel mondo sociale e la richiesta di mettere al bando l’erbicida da parte di molte associazioni europee.
GLIFOSATO E CANCRO
ISDE Italia giudica in modo altrettanto critico l’iniziativa congiunta WHO-FAO.
E spiega nella nota: che “di fatto, il Summary Report WHO-FAO fa proprie le conclusioni di EFSA, con alcune aggravanti”.
Sul glifosato ” vengono considerati unicamente in relazione all’effetto cancerogeno, senza tenere conto delle evidenze scientifiche circa la tossicità per altri end-point sanitari. Nel documento, infatti, si allude accidentalmente alle scarse conoscenze odierne sugli outcomes diversi dal cancro (effetti teratogeni, neurotossici, metabolici, riproduttivi, ecc.)”.
Non solo: “Il gruppo di esperti WHO-FAO limita le proprie valutazioni agli effetti genotossici dell’erbicida, ritenendo evidentemente che la genotossicità sia l’unico indizio precoce della cancerogenesi. È invece ormai ampiamente riconosciuto che il processo di cancerogenesi può evolvere attraverso altre vie, per esempio quella ormonale, come dimostrato dagli esiti neoplastici dell’esposizione a molti composti non genotossici. Non a caso, il glyphosate viene descritto da una ricca letteratura scientifica come ‘interferente endocrino‘”.
LE ALTRE PROVE IGNORATE
Nulla viene detto, sottolineano dall’ISDE sul fondato sospetto, documentato dalle indagini di tossicologia sperimentale, che il glifosato “sia dannoso per l’attività enzimatica e ormonale di molti tipi cellulari nei mammiferi, e anche i dati sull’epatotossicità e sulla nefrotossicità emersi da studi condotti a livelli di contaminazione alimentare analoghi a quelli stabiliti dalle odierne norme europee sul rischio accettabile vengono accuratamente elusi”.
“Infine, si rileva il più totale disinteresse per la mole di prove scientifiche che testimoniano gli effetti deleteri del glyphosate sulla biodiversità, e in particolare sulle faune vertebrate e invertebrate e sulle flore microbiche di molti ecosistemi acquatici e terricoli che oggi vengono ritenuti fondamentali per la buona salute della biosfera, della popolazione umana e della stessa agricoltura”.
Si configura, anche nelle conclusioni del documento WHO-FAO, un grave limite nel valutare con la dovuta obiettività le conoscenze scientifiche oggi disponibili sugli effetti del glyphosate.