“Stop Ocean Destruction”, Fermiamo la distruzione degli oceani. Con questo slogan 15 attivisti di Greenpeace hanno bloccato la fabbrica di tonno in scatola di Petit Navire a Douarnenez, in Bretagna, di proprietà del colosso mondiale Thai Union, in Italia presente con il marchio Mareblu. Obiettivo della protesta non violenza è denunciare i metodi di pesca distruttivi usati dalla multinazionale tailandese per rifornirsi del tonno che inscatola e distribuisce in tutta Europa.
“Se Thai Union, che produce un quinto del tonno in scatola venduto nel mondo, non cambia subito rotta impegnandosi a diventare un leader mondiale anche della sostenibilità, noi siamo pronti a entrare in azione per denunciare i suoi metodi di pesca distruttivi”, dichiara Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. “Mareblu aveva promesso di rifornirsi solo con metodi di pesca sostenibile ma a oggi nei suoi prodotti continua a finire tonno pescato con sistemi che danneggiano gli oceani. Non possiamo rimanere a guardare: è ora di fermare chi continua a svuotare il mare per una scatoletta di tonno”.
Nel mirino degli ambientalisti c’è la pesca con i Fad, oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno, ma anche specie minacciate come tartarughe marine, squali balena e altri pesci che regolarmente finiscono in queste reti in modo accidentale. Una volta pescati, tonni diversi vengono conservati e congelati tutti insieme a bordo, e la loro identificazione risulta difficile. Greenpeace denuncia che l’utilizzo dei Fad sta distruggendo l’ecosistema marino e conducendo gli stock di tonno verso il collasso.