La prossima settimana New York voterà un’imposta di 5 cent sugli shoppers sia di carta che di plastica. L’obiettivo? Risparmiare il milione di dollari necessario per mandare in discarica le buste di plastica e per risolvere i problemi legati all’intasamento dei sistemi di riciclo. La misura è stata un compromesso tra chi voleva lasciare le cose come stanno e chi chiedeva un bando secco come è accaduto nel 2011 nel nostro paese.
Da quella data, infatti, in Italia sono legali esclusivamente i sacchetti monouso biodegradabili e computabili che riportano la scritta “biodegradabile e compostabile”; la citazione dello standard europeo “Uni en 13432:2002”; il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi). Si tratta, tuttavia, di un obbligo ampiamente disatteso come dimostra un’indagine di Legambiente del 2015 secondo cui 20 sacchetti su 37 distribuiti presso la grande distribuzione sono risultati illegali. Tant’è che è stato necessario, un anno e mezzo fa, aumentare l’entità delle sanzioni per coloro che continuano a commercializzare sacchetti inquinanti o finti bioshopper: per questi la sanzione varierà da 2.500 a 25 mila euro e sarà moltiplicata in caso di quantità ingenti fino alla cifra di 100 mila euro.