Tra le cucine orientali, quella vietnamita è una delle preferite dagli europei. Non mancherà di inquietare ristoratori e avventori (e molti di coloro che al supermercato acquistano pesci, specie se surgelati, che provengono proprio da quelle zone) la notizia che arriva dal Dipartimento di salute animale del Vietnam, secondo cui quasi tutte le aziende di carne bovina e frutti di mare del Paese utilizzano antibiotici sui loro capi. “Un numero impressionante” lo definisce il portale FoodQualitynews.com, che ha rilanciato l’allarme.
Dal 2015 al primo trimeste del 2016 il dipartimento ha condotto un sondaggio tra gli allevamenti di acquacoltura nel delta del Mekong, scoprendo che l’83% delle aziende intervistate avevano antibiotici in magazzino, e tra questi alcuni che rientrano tra le sostanze vietate o fortemente limitate. Amoxicillina, ampicillina, colistina, cefalosporine, doxiciclina, enrofloxacina, sulfamidici e tetracycline, sono i principi attivi degli antibiotici in questione. Quasi la metà degli intervistati neanche sapevano se stessero usando o meno antibiotici sui capi allevati. L’ispettore capo del Ministero dell’agricoltura, Nguyen Van Viet ha dichiarato: “In termini di dimensioni e degli effetti nocivi, l’uso di antibiotici in zootecnia è molto più pericoloso del salbutamolo”, una sostanza chimica utilizzata per aumentare la produzione di carne, già strettamente proibita in Vietnam.
Secondo lo stesso Viet, l’abuso di antibiotici per anni sugli animali costituisce un “terribile rischio per la salute dell’intera nazione, dato che i residui possono penetrare nel corpo umano e innescare un’ampia resistenza agli antibiotici stessi”. Nessuna informazione invece sull’eventualità che parte di questa produzione fosse destinata al mercato estero, come appunto quello europeo.