A maggio l’Istituto Ramazzini avvierà una ricerca indipedente sul glifosato sostenuta con risorse proprie e l’impegno dei 27.000 soci. Così l’Istituto – che si occupa dell’erbicida da 4 anni – vuole mettere a disposizione della comunità scientifica e innanzitutto della Commissione europea, i risultati di uno studio svolto da un ente autonomo e privo di condizionamenti. Lo studio sarà sperimentale in vivo per validare il metodo di dosaggio nelle matrici biologiche quali sangue, urine e tessuti, valutare effetti tossici sugli organi bersaglio; definire dosi e metodi da adottare nello studio di cancerogenicità il cui inizio è programmato per il 2017.
Sulla sicurezza del glifosato non c’è valutazione univoca
Sull’erbicida, tra i più diffusi a livelli mondiale, la cui produzione sfiora il milione di tonnellate/anno, è in corso una “guerra” di pareri. Da un lato c’è l’Agenzia di ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc) che lo ha classificato come probabile cancerogeno, mentre l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti, sostiene che le prove non sarebbero ancora sufficienti per dichiararne con sicurezza la cancerogenicità. È in questa situazione che la Commissione europea ha deciso, nei giorni scorsi, di posticipare la decisione sul rinnovo dell’autorizzazione per l’utilizzo del glifosato per altri 15 anni, rinnovo che vede l’Italia e altri paesi decisamente contrari.
Nel frattempo si utilizzai principio di precauzione
“Vista l’incertezza, è comunque necessario applicare il principio di precauzione e limitare al massimo l’esposizione a questa sostanza per evitare danni alla salute – afferma lo staff del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni –. Al tempo stesso è fondamentale comprendere appieno se esistano davvero effetti cronici di questa sostanza, oltre al cancro. L’incertezza scientifica produce solo confusione, dispendio di energie e di denari e nessun beneficio in termini di salute pubblica. Se una sostanza è cancerogena, solo il bando globale può evitare l’esposizione”.
Le maggiori preoccupazioni – secondo l’Istituto Ramazzini -riguardano i bambini, esposti durante la gestazione attraverso la placenta, alla nascita attraverso il latte materno, e durante la crescita possono poi venire a contatto ogni giorno con cibo, aria e acqua contaminati che alterano il normale sviluppo del sistema endocrino; queste esposizioni precoci possono provocare malattie degenerative di vario tipo (infertilità, diabete, ecc., fino al cancro).