Olio di palma sostenibile: regole più strette

Olio di palma sempre più sostenibile con i nuovi criteri che vanno a rafforzare i parametri legati alla lotta alla deforestazione e agli incendi. È l’obiettivo di Rspo Next che ha varato la nuova certificazione che verrà applicata solamente su base volontaria dai Paesi che fanno già parte di quella ordinaria, la Rspo (Roundtable on Sustainable Palm Oil) con il 60% delle loro piantagioni in regola.

Sostenibile è possibile

Fondata nel 2004, RSPO – Roundtable on Sustainable Palm Oil è un’associazione non profit che ha l’obiettivo di promuovere la coltivazione e l’utilizzo di olio di palma sostenibile. Sono sette i comparti dell’industria dell’olio di palma coinvolti nel processo decisionale di RSPO, tra cui: coltivatori, produttori, trasformatori e rivenditori, banche e investitori, ONG dedicate alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo sociale.

Contro il palma un complotto?

Molte le novità previste per quanto riguarda la lotta alla deforestazione: sarà possibile coltivare palma da olio solo in quelle aree dove la vegetazione e il sottosuolo con bassi livelli di carbonio, in modo da limitare le emissioni di CO2 causate dalla conversione delle foreste in aree ad uso agricolo. Vengono rinforzate poi le procedure per prevenire, monitorare e fare fronte agli incendi nelle piantagioni e nelle aree circostanti. 

Si prevede l’obbligo di pubblicare regolarmente un rapporto sui risultati conseguiti circa la riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera in tutte le attività; come anche lo sviluppo di programmi a favore dei piccoli coltivatori per promuovere le conoscenze utili per una produzione sostenibile e profittevole. Non ultimi il divieto di usare il pesticida Paraquat, già messo al bando nell’Unione Europea e una maggiore trasparenza indicando il fornitore dei frutti di palma da olio.

Tra l’altro proprio nei giorni scorsi la Rspo ha sollevato dubbi sulla campagna disinformazione che ha ad oggetto i prodotti che contengono olio di palma: appurato – sostiene – che è possibile una produzione sostenibile e che non ci sono particolari controindicazioni per la salute, non è che si possa ventilare  l’ipotesi di un complotto a sfondo “politico”.