Sfruttamento e rischi per la salute, il lato oscuro del cuoio

Rapporti di lavoro precari, contratti di 4 ore, lavoro nero, ricatto della manodopera straniera, rischi per la sicurezza e per la salute degli operai. Queste sono solo alcune delle questioni evidenziate dal rapporto “Una dura storia di cuoio” realizzato dal Centro Nuovo Modello Di Sviluppo (CNMS) e dalla Campagna Abiti Puliti. Attraverso interviste e ricerche sul campo, gli attivisti hanno fotografato il distretto conciario di Santa Croce sull’Arno in provincia di Pisa: 240 concerie e i 500 terzisti che insieme impiegano 12.700 lavoratori. Quella che è apparsa ai lor occhio è stata una situazione di sfruttamento che spesso varca i limiti della legalità.

Dopo aver analizzato il contesto internazionale e quello nazionale della lavorazione del cuoio, gli analisti si sono soffermati sulla condizione di lavoro del distretto evidenziando una serie di anomalie che è possibile sintetizzare come segue.

La deregolarizzazione dei rapporti di lavoro: una flessibilità che favorisce l’illegalità

Nel 2012 i lavoratori interinali nel distretto di Santa Croce erano 1.733. Nel 2014 sono 3.451, il doppio. Segno che il lavoro è cresciuto, ma in forma sempre più precaria. Lo dimostra anche il fatto che nel 2014 nel distretto hanno trovato lavoro 4.650 nuovi addetti, ma solo 1.199 alle dirette dipendenze delle aziende produttrici. A confermare la precarietà interviene anche il dato sui contratti: nel 2014 i lavoratori interinali sono stati 3.451, ma i contratti stipulati sono stati 5.021, uno e mezzo a testa. Sono diffusi persino contratti di 4 ore: un lavoratore viene assunto alle 8 e a mezzogiorno si ritrova già senza lavoro.

Nonostante le maggiori elasticità consentite dalla legge, le infrazioni non sono scomparse. Nel distretto di Santa Croce è abituale lavorare ben oltre le ore di straordinario consentite, facendo ampio ricorso al pagamento al nero. Dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2014, nel distretto sono state ispezionate 185 aziende (concerie e terzisti) per un totale di 1.024 lavoratori. Di questi, 70% erano di nazionalità italiana e 30% immigrati. Complessivamente sono state trovate irregolarità riguardanti 217 lavoratori fra cui 116 totalmente in nero. Il 43% dei lavoratori in nero erano immigrati.

Il ricatto ai lavoratori stranieri: I lavoratori interinali rappresentano la moderna schiavitù

I contratti interinali aperti nel 2014 hanno riguardato per il 54% stranieri, quasi tutti extra comunitari. Non è un caso se negli ultimi dieci anni gli stranieri residenti nei comuni del distretto sono passati da 5.060 a 14.248. La crisi ha indebolito ulteriormente la posizione degli immigrati e molti di loro stanno perdendo le posizioni che avevano raggiunto. Alcuni, che in passato erano riusciti a conquistarsi un lavoro a tempo indeterminato, lo hanno perso quando sono andati a trovare i propri cari in Senegal: le dimissioni in bianco fatte firmate al momento dell’assunzione sono servite ai datori di lavoro per licenziare gli operai che si assentavano per periodi troppo lunghi.

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Le agenzie interinali si prestano spesso ai desideri delle ditte, che vogliono che alcuni lavoratori senegalesi, particolarmente apprezzati, vadano a lavorare solo per loro, anche se vengono assunti occasionalmente con contratti interinali. Un rapporto “usa e getta”, quindi, con l’obbligo di essere sempre a disposizione: il tempo di un lavoratore diventa così totalmente proprietà della ditta, sia quando lavora che quando non lavora.

La salute a rischio, soprattutto nelle aziende terziste

Nel distretto ci sono aziende moderne, attente alle normative sulla sicurezza e l’igiene, ma anche concerie e terzisti che investono malvolentieri, cercando anzi di risparmiare a discapito dei vincoli normativi. Dalla ricerca emerge che sono soprattutto gli interinali i più a rischio: nelle ore in cui sono assunti vengono costretti a ritmi massacranti e spesso senza la fornitura degli indumenti antinfortunistici, come le cuffie contro il rumore o le mascherine per ripararsi dalle esalazioni.

Nel 2011 la sezione della Medicina del Lavoro competente per il distretto di Santa Croce, ha condotto uno studio su 101 lavoratori addetti alla scarnatura, con un’età media di 44 anni, di cui 37 stranieri: di tutti i lavoratori esaminati, 31 sono risultati positivi per disturbi alla colonna vertebrale. I casi di malattie professionali riconosciuti nel distretto di Santa Croce dal 1997 al 2014 sono stati 493, suddivisibili in cinque grandi gruppi: malattie muscolo-scheletriche (44%), tumori (19%), dermatiti da contatto, ipoacusie da rumore e malattie respiratorie.

Acque chiare, ma tanta opacità

In un’area in cui vivono circa 110.000 persone, il carico inquinante nel sistema delle acque è pari a quello di una città con 3 milioni di abitanti: eppure tra riciclo dei rifiuti e corretto smaltimento le condizioni ambientali sono molto migliorate rispetto al passato. Ciò nonostante la ricerca ha riscontrato una evidente mancanza di collaborazione da parte delle imprese di smaltimento e una grande opacità dei dati. Purtroppo anche nel passato recente la mancanza di controlli ha portato anche allo sviluppo di situazioni criminali: la Guardia di Finanza ha scoperto che tra 2006 e 2013 il Consorzio di Fucecchio (oggi chiuso) ha immesso nel fiume Arno ben 5 milioni di metri cubi di fanghi tossici senza depurarli.