Via libera al bail-in. Il meccanismo secondo cui la banca in difficoltà sarà salvata dai suoi stessi creditori (azionisti, obbligazionisti e correntisti) diventerà operativo dal 1° gennaio 2016.
Venerdì scorso il Consiglio dei ministri ha infatti approvato i due schemi di decreto legislativo che recepiscono la Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) mettendo l’Italia in linea con le indicazioni europee volte a creare nel vecchio continente un quadro normativo unitario  in caso di risanamento delle banche in crisi. Ma – quel che più conta – le nuove norme serviranno a ridurre al minimo l’intervento dello Stato in caso di salvataggio di istituti in crisi.
L’approvazione e l’imminente operatività del meccanismo di bail-in, contestato da molte associazioni dei consumatori, dovrebbe perciò affrettare il salvataggio delle 4 banche italiane in grave situazione di dissesto: Carife, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti. Per queste, finché il bail-in non entra in vigore, dovrebbe intervenire il Fondo salva-banche. Le ultime notizie vanno infatti in questa direzione e sembra che per il salvataggio di Banca Marche sia stato destinato 1 miliardo di euro e per quello di Banca Etruria 400milioni.
D’altro canto “se così non fosse e dal 1° gennaio i creditori di queste banche fossero tenuti a salvarle, ci sarebbe una rivoluzione” è il commento di Mauro Novelli, Segretario nazionale di Adusbef.
“La nostra più grande preoccupazione, infatti, è che questo meccanismo colpisca i consumatori senza dar loro la possibilità di capire ‘prima’ i rischi che corrono nel diventare azionisti, obbligazionisti o correntisti di una banca”, ci spiega Novelli. “Il rischio, insomma, è quello che la banca bussi alla mia porta e mi chieda dei soldi per far fronte alla sua crisi senza che io sia mai stato avvisato della situazione di difficoltà . Un comportamento commercialmente scorretto e inaccettabile. E anche un’informativa mancante, che lede i diritti dei consumatori e andrebbe punita da Bankitalia”. La quale, invece, dal canto suo sembra lavarsene le mani.
“Per questo – continua Novelli – vi sono già società finanziarie che propongono un rating per le banche, una classifica per valutarne l’affidabilità . Oppure propongono di effettuare valutazioni di specifici istituti bancari su richiesta di singoli interessati”. In qualche modo bisognerà pure che un consumatore sia in grado di accedere a queste informazioni prima di effettuare un qualsiasi investimento in piena consapevolezza.
COME FUNZIONA IL BAIL-IN
Il bail-in garantisce infatti il salvataggio di una banca dall’«interno», e rappresenta l’addio al sistema opposto (definito appunto bail-out, cioè salvataggio dall’«esterno») che in questi anni di crisi ha permesso di salvare le banche irlandesi, inglesi, spagnole e tedesche a suon di miliardi di euro e sterline tirati fuori dalle tasche dei singoli Stati o dei fondi europei.
Ma ora la storia cambia e con le nuove norme dall’anno prossimo a salvare il proprio istituto di credito a rischio fallimento saranno chiamati gli investitori privati e non più lo Stato (ovvero i contribuenti). Secondo quale precedenza? Le norme sono chiare in proposito: i primi ad essere coinvolti saranno gli azionisti della banca, poi i detentori di obbligazioni subordinate e senior e, infine, i correntisti con liquidità sul conto corrente superiore ai 100mila euro. Ad azionisti e creditori sarà chiesto un contributo pari all’8% del passivo della banca in crisi. Oltre, interverranno le banche tramite il Fondo di risoluzione.
Non saranno coinvolti, invece, i correntisti fino a 100mila euro, i possessori di covered bond e i debiti verso dipendenti, fisco, enti previdenziali e fornitori.