Usa, Volkswagen paga caro lo scandalo emissioni truccate

Circa 18 miliardi di dollari, 500mila vetture da ritirare e la reputazione. Sta costando carissimo a Volkswagen lo scandalo americano delle emissioni dei suoi veicoli diesel. Il danno d’immagine e il crollo in borsa (del 22%) in effetti si sono già consumati, e ora non resta che attendere la definizione della sanzione pecuniaria che si abbatterà sulle casse della Casa automobilistica dopo l’ammissione di una maxifrode sulle emissioni ambientali.
In pratica, il colosso dell’auto – stretto dalle accuse dell’Epa, l’agenzia per la protezione ambientale americana – ha ammesso di aver sistematicamente eluso i test di inquinamento atmosferico delle proprie vetture diesel vendute negli Stati Uniti dal 2008 a oggi.
Il mea culpa è di Martin Winterkorn, l’amministratore delegato di Volkswagen che si è dovuto arrendere all’evidenza schiacciante delle prove raccolte contro l’azienda, accusata di aver montato sui veicoli diesel un software capace di manipolare i dati di inquinamento, facendo stare le emissioni sotto i livelli di guardia. Quando però così non è, perché nella realtà le emissioni vanno ben oltre i limiti di legge.
In attesa delle pesantissime sanzioni che si profilano all’orizzonte, il marchio tedesco ha intanto bloccato la vendita sul mercato statunitense delle auto con motori diesel 4 cilindri TDI e dovrà ritirare quasi 500mila vetture diesel in circolazione.
I TRUCCHETTI
I dati sulle emissioni delle auto? Decisamente inattendibili. Negli ultimi anni molte testate specializzate e vari studi indipendenti hanno dimostrato che i dati dichiarati dai costruttori si distaccano, a volte anche di molto, da quelli reali. E gli accorgimenti utilizzati per addomesticare i risultati dei test sono ormai noti.
Le case automobilistiche, spiegavano qualche tempo fa gli esperti della Ong Transport&Environment che opera a Bruxelles, conoscono e applicano almeno una ventina di trucchi, molto creativi ma perfettamente legali, per migliorare i risultati delle prove.
I dati su consumi ed emis­sio­ni delle automobili vengono rilevati con un metodo standardizzato, stabilito dall’Unione europea e applicato in più di cinquanta paesi: il veicolo  posizionato su dei rulli viene “guidato” da un computer a una andatura precisa, che simula una percorrenza mista urbana ed extraurbana, il ciclo misto europeo o ciclo Mveg, codificato al secondo.
Per rilevare la scorrevolezza del veicolo, sulla base della quale viene impostata la resistenza dei rulli, si fa invece una prova su strada.
Dunque il test si compone di due parti, ma questo non scoraggia i costruttori che sanno come “intervenire” a loro favore in ogni fase della prova.
Ad esempio, nella prova su strada per rilevare la scorrevolezza del veicolo sigillano con nastro le fessure migliorando così l’aerodinamicità; oppure usano lubrificanti speciali e pneumatici più gonfi del normale per diminuire gli attriti.
Quanto al test dei rulli, ormai si è pienamente consapevoli che si tratta di una prova datata e inadeguata a descrivere i consumi reali delle auto, per cui non c’è nemmeno bisogno di ricorrere a trucchetti particolari: è proprio il test a fare acqua.
Spiegava al Salvagente l’anno scorso l’ingegnere e giornalista Enrico De Vita, esperto del settore: “Il ciclo misto è stato concepito per vetture come la 2 Cavalli e la vecchia 500, molto meno potenti, che avevano circa 20 cavalli. Oggi una Bmw da 400 cavalli per completare il ciclo ne userà comunque solo 20, al massimo 30”. Insomma, i dati rilevati risultano maggiormente falsati proprio nelle auto più potenti, ovvero quelle che consumano di più.
Ma nel test ci sono anche altre carenze: dato che non ci sono regole che lo vietino, le misurazioni avvengono con l’aria condizionata spenta e l’alternatore staccato in modo da non consumare energia per ri­caricare la batteri; si modificano i freni per fare meno resistenza e si programmano le centraline per ottimizzare l’efficienza delle prestazioni del ciclo misto.
Seguendo la stessa prova sui rulli, ma senza questi trucchi, test indipendenti hanno rilevato consumi superiori in media del 12% a quelli dichiarati.