L’amministratore di sostegno, ecco cosa fa

Gentile avvocato, 
tre anni fa a mio padre è stata diagnosticata una malattia neurologica degenerativa. Purtroppo io e mio fratello stiamo assistendo inesorabilmente al precipitare delle sue funzioni fisiche. Oggi è cerebralmente e mentalmente capace di intendere e di volere, ma il suo corpo risponde sempre meno e anche i presidi sanitari non aiutano più di tanto a renderlo autonomo. Finché abbiamo potuto lo abbiamo accompagnato ovunque: banca, medico di base, ufficio postale dove riusciva ad assolvere ai suoi interessi economici e pratici. Ora che non è più in grado, lui stesso ha proposto che uno di noi gestisca e tuteli i suoi beni e ciò che lo riguarda dal punto di vista sanitario e quotidiano. Come potremmo fare?”

CHI PUO’ CHIEDERE L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

Quando una persona, dopo incidenti o malattie, non è più in grado di assolvere ai propri interessi, economici e pratici, pur avendo aiuti sia dai familiari che da persone al suo servizio, la soluzione è un amministratore. Nel 2004 per disciplinare la materia, con la legge 6/2004, è nato l’amministrazione di sostegno.

Possono beneficiarne anziani e/o disabili, soggetti dipendenti da alcool o stupefacenti, detenuti, pazienti oncologici in fase terminale o in stato di coma a condizione che la loro situazione non sia così grave da renderli incapaci di provvedere ai propri interessi e da richiedere il ricorso all’interdizione. La condizione necessaria, dunque, è che siano in grado di esprimere i propri bisogni, al punto che giudice tutelare e amministratore non possano prescindere da esse.

SOSTEGNO O INTERDIZIONE?

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La Suprema Corte di Cassazione, pone un punto molto valido di differenziazione tra amministrazione di sostegno e interdizione. Infatti, nel caso in cui una persona pur non avendo un’intensità di malattia che lo impedisca fisicamente, sia invece incapace di intendere e di volere e possa quindi essere oggetto di contratti, di truffe, di trappole che lo coinvolgano a sua insaputa, proprio l’interdizione può essere molto più valida e funzionale. L’amministrazione di sostegno, dunque, è una misura meno grave che tutela i disabili con tutta l’intenzione di rispettare e valorizzare la loro residua capacità di agire.

IL GIUDICE TUTELARE

Il primo passo è il ricorso al giudice tutelare, dettagliando le residue capacità del beneficiario, in particolare se può gestire in autonomia piccole somme di denaro, le azioni che è in grado di compiere con l’assistenza dell’amministratore (per esempio, dove trascorrere le vacanze), quelle che non può fare da solo (per esempio, i controlli medico/sanitari, la gestione di beni di proprietà o del conto corrente).

Il giudice tutelare convoca il ricorrente, il beneficiario, il coniuge, il convivente, i parenti, i responsabili dei servizi sanitari. A questo punto nomina, con decreto motivato immediatamente esecutivo, un amministratore di sostegno che può essere colui che era stato indicato nel ricorso, o persona diversa. Nel decreto sono precisati i compiti dell’amministratore: può avere poteri sia di assistenza del beneficiario, che di sostituzione. Tra i fondamentali c’è un bilancio annuale delle spese sostenute e una relazione sull’attività svolta e sulle condizioni di vita dell’assistito. Tra i doveri c’è il rispetto del volere del beneficiario, salvo in caso di contrasti e diverse vedute da comunicare con il giudice tutelare. L’incarico è gratuito ma, in casi di patrimoni consistenti o con difficoltà di amministrazione, il giudice può riconoscere all’amministratore un’indennità.