Ad annunciarla oggi, con molto clamore, come l’ultima frontiera – davvero promettente – nella cura del cancro è il Guardian. L’occasione è l‘inizio dei lavori di costruzione presso l’ospedale Christie di Manchester dei cinque piani del centro di terapia che utilizzerà il fascio di protoni. Un investimento da 125 milioni di sterline che nel 2018 permetterà ogni anno di trattare 750 casi, tra quelli più complicati. Due mesi dopo il Christie, aprirà, sempre in Gran Bretagna, il centro di cura a base di protoni negli ospedali University College London, costato altrettanto al servizio sanitario britannico.
VERONESI: “È COME LANCIARE UNA PIETRA CONTRO IL TUMORE”
Fine della radioterapia, nella cura dei tumori? Non è esattamente così, come racconta la lunga inchiesta di Peter D’Angelo che il Test pubblica nel numero in edicola, dedicata proprio a queste nuove cure. Ciò non toglie che si tratti davvero di uno dei sistemi più promettenti tra quelli disponibili nella cura del cancro.
L’adroterapia (così si chiama il trattamento a base di protoni) differisce dalla radioterapia che si basa sul fascio di elettroni e non è una cura in fase sperimentale, né una cura compassionevole. La differenza non è irrilevante. Tutt’altro.
Umberto Veronesi, intervistato dal Test, non ha dubbi: “Ci credo, perché fa parte delle terapie mirate che rappresentano il futuro dei trattamenti anticancro. E in alcuni casi, ad oggi ancora selezionati, il presente. Ciò che rende innovativa questa forma di radioterapia è l’utilizzo di adroni – protoni e ioni carbonio – che sono particelle dotate di più massa e più energia rispetto ai fotoni e agli elettroni impiegati nella radioterapia tradizionale. È come lanciare una pietra contro il tumore invece che una manciata di sassolini. I vantaggi sono più precisione, più efficacia e meno danni ai tessuti circostanti. Per questo l’adroterapia ci permette di curare tumori che sono resistenti ai tradizionali trattamenti radioterapici o non sono operabili perché vicini a organi vitali e delicati, come ad esempio, occhi, nervi, cervello o intestino”.
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IL CENTRO D’ECCELLENZA ITALIANO DESTINATO A POCHI PAZIENTI
Quello che non si sà, però, è che in Italia esiste un Istituto d’eccellenza mondiale in cui già si pratica questa cura: il Cnao di Pavia, il Centro nazionale di adroterapia oncologica. Una realtà che molti pazienti (e perfino alcuni oncologi) non conoscono e che gran parte delle Regioni ignorano colpevolmente: solo l’Emilia-Romagna e la Lombardia – come racconta l’inchiesta sul numero in edicola del Test – ne riconoscono l’accesso diretto e gratuito ai cittadini. Tutte le altre Regioni prevedono sbarramenti burocratici che pesano sulla tempestività di una cura riservata a casi spesso che non hanno altre speranze.
A Pavia, infatti, si trattano tumori non operabili e resistenti alla radioterapia tradizionale. Entrato in attività nel settembre del 2011, è uno dei 4 centri al mondo (insieme a quelli operativi in Germania, Cina, Giappone) in grado di effettuare l’adroterapia sia con protoni che con ioni carbonio, un trattamento avanzato che sfrutta i principi della fisica della particelle.
DOVE NON ARRIVA LA RADIOTERAPIA
I pazienti che possono avvalersi dell’adroterapia sono quelli che non rispondono o rispondono non completamente alla radioterapia convenzionale. Spesso questi tumori si trovano in profondità all’interno del corpo o sono circondati da tessuti sani estremamente sensibili alle radiazioni, come gli occhi, il nervo ottico, il tronco cerebrale, il pancreas o l’ intestino. Tutti quei tumori che per posizione o stato sono inoperabili e inattaccabili sono invece il bersaglio delle cure effettuate a Pavia.
Il Cnao ha consentito dal 2011 ad oggi il trattamento di 575 pazienti oncologici (in Italia ne avrebbero bisogno circa 1000 pazienti, l’anno) per i quali non esisteva un trattamento alternativo all’adroterapia. I risultati clinici ottenuti, pur nei limiti del breve periodo di osservazione, dimostrano consistenti elementi di efficacia. Chiarisce a Il Test la dottoressa Francesca Valvo, direttore medico del Cnao: “Tenuto conto del fatto che il periodo di osservazione dei pazienti trattati è ancora breve (il primo paziente è arrivato infatti nel 2011), possiamo dire che l’adroterapia ha bloccato il tumore (ne ha arrestato la crescita) nella maggior parte dei casi con percentuali comprese tra l’87% e il 91%”.