La nuova indagine di Essere Animali documenta la pesca con l’arpione, un metodo utilizzato per cacciare i pesce spada e con cui vengono riforniti di pesce fresco ristoranti e pescherie del sud Italia. L’investigatore dell’organizzazione ha filmato tutte le fasi della cattura di un pesce spada nelle acque dello Stretto di Messina, la principale zona dove si effettua questo tipo di pesca.
Le immagini mostrano i vani tentativi del pesce di liberarsi dall’arpione che ha conficcato nel corpo. Una volta issato sulla barca, mente è ancora vivo, la sua carne viene lacerata con un coltello per facilitare l’estrazione degli uncini dell’arpione. La morte sopraggiunge per asfissia dopo diversi minuti di agonia, durante il quale il pesce rimane cosciente e boccheggia, con il corpo martoriato di ferite. Viene anche movimentato afferrandolo per la cavità oculare, trattamento che accresce la sua sofferenza.
La pesca con l’arpione è considerato un metodo di pesca più sostenibile in quanto non causa catture accidentali di specie non desiderate. L’arpione infatti viene lanciato contro un pesce tenuto sotto controllo visivo dal pescatore che riveste il ruolo di arpionatore ed è posizionato sulla passerella delle feluche, le tipiche imbarcazioni adibite a questo tipo di pesca. La barca si muove nella direzione indicata dagli avvistatori, i quali sono posizionati su una torretta e dall’alto osservano il transito dei pesci.
“Sarà anche una pesca selettiva, ma il rispetto del mare è imprescindibile dal rispetto per i suoi abitanti, e i pesci spada catturati con l’arpione, la cui carne è in vendita nelle pescherie e nei ristoranti, soffrono per lungo tempo prima di morire. Il problema è di origine culturale, in quanto attribuiamo una diversa considerazione morale ai pesci rispetto agli altri animali. Mai infliggeremmo un tale trattamento a un maiale o a un vitello, mentre ai pesci non è concesso nemmeno lo stordimento prima dell’uccisione, un’operazione obbligatoria per legge per gli animali terrestri che provoca uno stato di incoscienza, limitando le loro sofferenze. Eppure, la scienza ha ampiamente dimostrato che il comportamento dei pesci non è una semplice risposta di riflesso a stimoli esterni, ma il risultato di complessi processi cognitivi. Anche i pesci sono esseri senzienti, in grado di provare dolore e vanno tutelati”, dichiara Simone Montuschi, presidente di Essere Animali.
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