Le aziende dovrebbero contare fino a dieci prima di finanziare “amichevolmente” scienziati per pubblicare studi sui loro prodotti.
L’ennesima dimostrazione viene dalla Disney – come ha scritto Sheila Kaplan per STAT News – rivelando che l’azienda dopo aver finanziato uno studio sugli alimenti per bambini venduti nei suoi parchi, ha tentato una disastrosa (e tardiva) retromarcia.
Topolino? Non associatelo alla Coca-Cola
“Mickey non voleva essere associato con professori la cui immagine è offuscata dallo scandalo della Coca-Cola” ha scritto Sarah Sloat per Inverse.
La Walt Disney Company ha infatti sollecitato una rivista accademica a ritirare lo studio nutrizionale dei pasti per i bambini a Disney World lo scorso autunno – uno studio che aveva finanziato – nel bel mezzo dello scandalo che aveva coinvolto uno dei suoi autori principali, James Hill della University of Colorado School of Medicine per il suo studio, finanziato dalla Coca-Cola, che minimizzava l’impatto delle bevande zuccherate in obesità.
Lo studio della discordia
Lo studio, pubblicato sul Journal of Association for Consumer Research, era un’analisi retrospettiva dei pasti per i bambini venduti a Disney World.
Gli autori hanno esaminato i dati di tutti i 145 ristoranti di Disney World da quando avevano rinnovato i menu per i bambini per offrire scelte più sane. Nel nuovo menu, i genitori che vogliono ordinare soda o patatine fritte per i loro figli – invece del latte a basso contenuto di grassi, frutta, o carote inclusi nell’ordine – dovevano chiederlo espressamente.
Lo studio ha rilevato che quasi la metà dei pasti ordinati per i bambini comprendevano i contorni sani e due terzi il latte.
Gli autori hanno scritto che queste scelte hanno determinato significative riduzioni di calorie, grassi e sodio nei pasti dei bambini, ma non hanno portato a una limitazione di zucchero.
Contrordine
Dopo che lo studio è stato accettato dalla rivista, la Disney ha chiesto agli autori di non pubblicarlo. L’editore, Brian Wansink, professore della Cornell University che ha curato la pubblicazione, ha spiegato che era troppo tardi. E la Disney è finita al centro di un caso che di certo non ha giovato alla sua immagine.