L’Antitrust ha sanzionato per un ammontare complessivo di 11 milioni di euro UniCredit (5 milioni di euro), Banca Nazionale del Lavoro  (4 milioni di euro) e Intesa San Paolo (2 milioni di euro) per pratiche commerciali scorrette. “Le tre banche – spiega l’Authority – hanno adottato condotte aggressive, in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo, aventi ad oggetto la pratica dell’anatocismo bancario, ovvero il calcolo degli interessi sugli interessi a debito nei confronti dei consumatori”.
Consenso “strappato”
È emerso che le banche hanno attuato una politica di forte spinta all’acquisizione delle autorizzazioni all’addebito in conto corrente nei confronti della clientela adottando varie strategie con le quali i clienti sono stati sollecitati a concedere l’autorizzazione. L’addebito in conto corrente degli interessi debitori finiva per essere il modus operandi ordinario, “senza considerare le conseguenze di tale scelta in termini di conteggio degli interessi sugli interessi debitori”. Detto in altri termini, il cliente con il conto in rosso veniva spinto ad accettare di trasformare il debito in capitale su cui calcolare gli interessi (e dunque nel tempo gli interessi sugli interessi) invece che saldare l’ammanco. Per acquisire il consenso di clienti poco consapevoli, la strategia utilizzata dai tre gruppi bancari era condotta “con l’uso di comunicazioni personalizzate precompilate, email e pop-up nella homepage delle aree clienti volti all’attivazione delle procedure di autorizzazione on line preventiva all’addebito in conto degli interessi debitori che non consentivano al consumatore di fornire il diniego espresso all’autorizzazione”.
Due pesi e due misure
Secondo l’Antitrust, le banche, nell’adottare tali politiche, hanno fatto attenzione nell’informativa fornita ai clienti a rilevare solo le possibili conseguenze negative in caso di mancata autorizzazione, evidenziando gli effetti in caso di mancato pagamento degli interessi in termini di interessi di mora e di segnalazione alle banche dati finanziarie e creditizie sui cattivi pagatori, e non accennando alle conseguenze dell’autorizzazione connesse con l’applicazione di interessi anatocistici. L’Autorità ha dunque ritenuto scorrette le modalità utilizzate, che, nell’insistenza e nella forma con cui sono state richieste le autorizzazioni, finivano con il condizionare indebitamente i consumatori e fargli assumere decisioni che non avrebbero altrimenti preso in considerazione dell’applicazione, in caso di addebito degli interessi in conto, dell’anatocismo bancario.