Alle 18 di mercoledì 15 novembre i tanti furgoni della polizia stanno lasciando il più grande parco agroalimentare del mondo, Fico-Fabbrica italiana contadina, a Bologna: il premier Paolo Gentiloni, infatti, ha già tagliato il nastro con i ministri Dario Franceschini e Maurizio Martina insieme ad Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, e Andrea Segrè, presidente della Fondazione Fico. La festa istituzionale si è conclusa, quelle più vip dei giorni precedenti anche, il cordone della sicurezza si è allentato, e la vita vera della “Disneyland del cibo”, come è stata soprannominata dallo stesso Farinetti, è ufficialmente entrata nel vivo.
Noi aspettiamo quel momento per la nostra visita che abbiamo voluto fare per renderci conto di cosa offre davvero e per raccontarvelo.
Una sosta al bici bar
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Oltre il totem imponente che saluta i visitatori dell’ex Caab (il centro agroalimentare di Bologna), una distesa di biciclette celesti dotate di ceste, ci accoglie semmai volessimo attraversare Fico anche in bici; semmai fossimo arrivati dalla città con il nostro mezzo a due ruote, e non con la navetta (ne partono dalla stazione ogni 30 minuti) avremmo potuto decidere di sostare al bici bar dove inizia la pista ciclabile. Perché Fico è innanzi tutto un posto davvero grande che in un solo giorno non si può vedere tutto: sono dieci ettari di spazio di cui due all’aperto (campi e stalle) e otto al coperto (40 fabbriche, oltre 45 luoghi ristoro, botteghe e mercato, sei “giostre” educative, una fondazione con quattro università e varie aree dedicate allo sport, ai bambini, alla lettura e ai servizi).
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La struttura è rimasta la stessa del Caab, come riferisce Segrè, il cui spirito, a poche ore dall’inaugurazione è “molto positivo”. “La mia idea inizialmente era quella di fare una cittadella del cibo per valorizzare un bene pubblico, che è rimasto pubblico, ma il risultato è molto superiore alle aspettative”, spiega l’inventore del last minute market, professore ordinario ad Agraria a Bologna e oggi presidente della Fondazione Fico, la parte “culturale” del progetto più ampio.
Gli entusiasti
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La gente cammina, curiosa e ordinata, approfitta delle degustazioni del primo giorno e dell’apertura al pubblico di tutte le aree multimediali, le cosiddette giostre. Parlando un po’ con i primi avventori, le impressioni sono le più disparate e ci si accorge che dipendono anche molto dall’idea che ci si era fatti prima di arrivarci: Elena, mamma quarantenne di due bimbe, era molto scettica prima di arrivare, ma poi, invece, ha auto una sensazione positiva nel visitarlo: “Certo, dipenderà da come verrà fruito.. ”, dice.
Antonio Kaulard, economista ambientale, è entrato dall’uscita e questo non ha aiutato perché si è trovato subito nella parte più “commerciale” dello spazio: “Poi ho rifatto il percorso e davvero alcune cose sono strepitose: poter trovare tutte le birre artigianali di Italia in un unico posto; assistere alla produzione di un dolce, del latte, davvero è molto educativo e serve a riappropriarsi della conoscenza della filiera che ormai si era persa. Credo che se si saprà coniugare la parte più commerciale con quella culturale ed educativa, si farà centro”.
“Un grande duty-free”
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A Elisa, architetto, “sembra un grande duty-free. Ho mangiato bene ma mi chiedo se avrà appeal sui turisti. In fondo è un po’ come un grande Eataly”. Linda, altro architetto, invece, ha trovato “un po’ alti i prezzi dei prodotti, ma del resto proporzionali alla qualità e ai marchi: credo che ci tornerò per fare dei percorsi ad hoc, per me e per i miei figli”.
I tour a pagamento
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L’ingresso a Fico, infatti, è gratuito, ma alcune aree sono a pagamento ed è possibile anche organizzare tour di vari tipi per ogni fascia di età: da quelli didattico-educativi per i bambini (dai piccolissimi in su) a quelli per adulti.
Anche i prezzi sono vari perché possono comprendere più opzioni: ad esempio, il grand tour generale costa 15 euro, sei giostre multimediali (le aree interattive, per intenderci) 10. Se si vogliono lasciare i bimbi nell’area Cadiai dedicata alla lavorazione dei materiali naturali ma anche alla scoperta del cibo, due ore comprensive di cena costano 20 euro. Sul sito di Fico è comunque possibile trovare le opzioni più adatte alle proprie curiosità.
I tour e i laboratori sono pensati per fasce di età e sono davvero tanti: si possono visitare i mulini e le fabbriche produttive (come quella della pasta di grano secco Di Martino che riprende la tradizione di Gragnano o del Molino Grassi), fare corsi di cucina di ogni tipo, fare il pane con Calzolari, visitare la centrale del latte con Granarolo, un caseificio tipico del consorzio Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, conoscere l’origine dei condimenti, vistare le aree coltivate, fare i gelatieri per un giorno con Carpigiani, imparare a fare la sfoglia, immergersi nel mondo del cioccolato con Venchi, scoprire come si pota un ulivo e come cresce e anche applicare l’arte al cibo con percorsi di food art o visitare le stalle e conoscere le specie di animali più rappresentative che fanno parte della filiera.
Un parco vivo
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Su questo punto, che qualche polemica già l’ha sollevata, Segrè ci tiene a fare una precisazione: “Gli animali che si trovano a Fico sono rappresentativi delle migliori razze italiane; il loro benessere è controllato dai colleghi della facoltà di Veterinaria che si trovano a fianco, resteranno nel parco fino alla fine della loro vita naturale. I prodotti direttamente provenienti dagli animali, come latte e uova, verranno utilizzati e consumati all’interno del parco, invece”, spiega. E aggiunge: “Credo che visitare i campi, le aree coltive, gli ettari dedicati alle biodiversità, le stalle, sia uno dei motivi per venire a Fico, siano elementi che costituiscano la parte forse più originale, certo, senz’altro di più durante la bella stagione quando non c’è il fermo vegetativo dell’inverno, perché Fico è un parco vivo”.
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La prima visita a Fico, dunque, può servire ad orientarsi, a cercare di capire cos’è, vedere cosa ospita, quali sono i marchi delle eccellenze italiane racchiusi in quei dieci ettari, per poi decidere di tornare per qualche cosa di particolare da fare in prima persona se si è adulti, o da far fare ai bambini, che di certo di possibilità ne hanno: non ultimo lo svago libero permesso da aree giochi attrezzate o anche sportive (campi da beach tennis, da beach volley e sedute in una piazza su un’ala di Fico che possono essere utilizzate anche per fare ginnastica..).
Obiettivo: sei milioni di visitatori l’anno
Insomma, se Fico è anche e solo semplicemente un bel posto, resta una domanda: perché un turista dovrebbe arrivare fino a Bologna per visitarlo?
È molto probabile che le scuole – di vari ordini e gradi – trovino nel parco agroalimentare una meta interessante per la didattica (le prenotazioni sono già centinaia di migliaia e anche la sala congressi è già piena per mesi) da coniugare con la visita alla città di Bologna, alla più antica università e al suo centro storico costellato di portici e bellezze che i turisti stessi stanno scoprendo negli ultimi anni, di certo con il traino del cibo.
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Messaggio culturale messaggio commerciale, dovranno andare di pari passo. E La Fondazione Fico, di cui Segrè è presidente, dovrà spingere molto sull’aspetto dell’educazione agroalimentare.
“Un turista da oggi potrà sapere che oltre a visitare Bologna, avrà a disposizione anche questo parco agroalimentare unico al mondo dove trovare il meglio dei prodotti italiani, ma anche conoscere le tradizione i valori ad essi connessi”, scandisce Segrè.
L’obiettivo di visitatori di cui si parla nelle ultime settimane è quello ambizioso dei sei milioni di visitatori l’anno: “Ci arriveremo, auspico, ma credo che saremo sostenibili anche solo raggiungendo la metà di quell’obiettivo”, fa sapere il presidente della Fondazione Fico. Che fa anche una provocazione: “Un centro commerciale alle porte di Bologna, molto visitato, conta 5 milioni di visitatori all’anno che probabilmente vanno a fare la spesa lì una volta alla settimana: ecco, Fico non è un centro commerciale, ma credo che a maggior ragione abbia le caratteristiche per arrivare a numeri importanti”.