Pfas: un’inchiesta internazionale europea svela il peso della lobby contro i divieti in Ue

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 La proposta dell’Ue di limitare i Pfas viene costantemente frenata dalle pressioni delle lobby dei produttori. Queste le conclusioni a cui è arrivato l’osservatorio Corporate Europe Observatory, raccontato da un’iniziativa transnazionale chiamata Forever Lobbying Project, che coinvolge 46 giornalisti di 29 media partner in 16 paesi, tra cui l’Italia

La proposta dell’Ue di limitare i Pfas viene costantemente frenata dalle pressioni delle lobby dei produttori. Queste le conclusioni a cui è arrivato l’osservatorio Corporate Europe Observatory (Ceo), insieme a un’iniziativa transnazionale chiamata Forever Lobbying Project, che coinvolge 46 giornalisti di 29 media partner in 16 paesi, tra cui l’Italia. “Attualmente, lobby industriali provenienti dall’Europa e da tutto il mondo – spiega Ceo – stanno prendendo di mira la Commissione europea per proteggere le loro sostanze, prodotti, attrezzature e profitti legati ai Pfas, nonostante le schiaccianti prove dei disastrosi impatti sulla salute umana e sull’ambiente causati dall’inquinamento che generano”.

Le complicità all’interno della Commissione

E ci sono segnali preoccupanti che la Commissione stia pianificando di assecondare le richieste delle industrie. Oltre ad analizzare le più grandi e attive lobby aziendali legate ai Pfas e le loro tattiche di pressione, l’inchiesta esplora come alcuni rappresentanti di alto livello della Commissione stiano incoraggiando le lobby aziendali, offrendo già segnali rassicuranti sul processo decisionale futuro. Infatti, l’indagine condotta su 15 direzioni generali della Commissione ha rivelato l’assenza di misure speciali per proteggere il processo decisionale relativo alla proposta di restrizione universale dei Pfas. Al contrario, la Commissione ha in gran parte giustificato i suoi contatti con l’industria nelle risposte fornite.

Il rischio che la politica si fermi

“Inoltre, è evidente che gran parte del lobbying industriale sulla restrizione proposta dei Pfas si basa su argomentazioni fuorvianti o esagerate, spesso ripetute da funzionari e politici” – scrive nel rapporto, Ceo – Questo atteggiamento rischia complessivamente di minare il processo scientifico guidato dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), in conformità al regolamento Reach, per valutare la proposta di limitazione dei Pfas”. Secondo l’osservatorio, l’indebolimento del sostegno politico a una forte restrizione dei Pfas all’interno della seconda Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, unito al crescente supporto politico di cui gode l’industria dei Pfas, soprattutto in Germania, rende oggi la restrizione universale dei Pfas seriamente a rischio di essere catturata dagli interessi aziendali

La pressione della lobby

Secondo l’inchiesta, la più ampia lobby dell’industria chimica, guidata dalle associazioni di categoria Cefic e Plastics Europe, è molto attiva sulla proposta di regolamentazione dei Pfas I principali produttori di Pfas, considerati come gruppo, hanno registrato un aumento medio del 34% nelle spese dichiarate per attività di lobbying presso l’Ue solo nell’ultimo anno. Altri lobbisti particolarmente attivi includono rappresentanti dei settori delle batterie, della tecnologia medica e farmaceutica, dei semiconduttori e di altri ambiti manifatturieri. La battaglia di lobbying è particolarmente accesa in Germania, dove la posizione ambigua del governo federale sulla regolamentazione proposta per i Pfas rappresenta una preoccupazione significativa, soprattutto in vista delle elezioni nazionali. Le lobby aziendali hanno trovato alleati tra i politici sulla proposta di regolamentazione dei Pfas, in particolare tra politici regionali tedeschi e deputati europei. Sebbene questi ultimi abbiano un ruolo solo nella fase finale del processo (potendo eventualmente porre il veto alla restrizione finale durante un periodo di tre mesi di controllo), vengono mobilitati dagli interessi aziendali, soprattutto per fare pressione sui rispettivi governi nazionali.

Chemours tra i più attivi

La consultazione pubblica dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) sulla restrizione dei Pfas è stata inondata di risposte provenienti dal mondo imprenditoriale, come tattica strategica utilizzata dalla multinazionale Chemours (nata da DuPont, produttrice del Teflon), Cefic (il gruppo di lobbying dell’industria chimica) e altri. Alcuni produttori di Pfas e altri interessi industriali sono riusciti anche a esercitare pressioni direttamente sui funzionari dell’Echa.

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“Come le campagne dell’industria del tabacco o del petrolio”

“Questo scenario rientra in un modello consolidato negli ultimi decenni, in cui le lobby chimiche hanno ostacolato o indebolito normative volte a eliminare le sostanze chimiche più nocive dal mercato Ue. Le strategie e le tattiche della lobby dei Pfas ricordano molto le operazioni di influenza di altre campagne aziendali, specialmente nei settori tossici come il tabacco e i combustibili fossili” spiega il Corporate Europe Observatory, secondo cui “se vogliamo proteggere la salute delle persone e dell’ambiente e difendere l’integrità del processo decisionale sui Pfas, dobbiamo fermare questo “forever lobbying”. Non è troppo tardi per gli organismi dell’Ue, in particolare per la Commissione, per adottare una restrizione universale solida sui Pfas”. Tuttavia, ciò richiederà un approccio diverso, con nuove regole sulla trasparenza e il lobbying per tutelare l’interesse pubblico.

Il progetto Forever Lobbying

L’indagine si basa su oltre 14mila documenti inediti sui Pfas “sostanze chimiche eterne”. Il lavoro ha incluso la presentazione di 184 richieste di libertà di informazione, 66 delle quali sono state condivise con il team giornalistico del progetto Forever Lobbying da Corporate Europe Observatory. Le richieste erano rivolte alle direzioni generali della Commissione europea, all’agenzia per le sostanze chimiche Echa e alle rappresentanze permanenti degli stati membri a Bruxelles.

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