Nuovi Ogm, perché due aziende bio italiane danno l’ok per la sperimentazione nei loro terreni?

L’Università di Verona e il Crea hanno chiesto e, in un caso ricevuto già, l’autorizzazione per la sperimentazione in campo aperto di Ngt, nei terreni di due aziende che coltivano biologico a Verona e Parma. La presa di distanza di Aiab e Federbio

 

L’Università di Verona e il Crea hanno chiesto e, in un caso ricevuto già, l’autorizzazione per la sperimentazione in campo aperto di Ngt, nei terreni di due aziende che coltivano biologico a Verona e Parma. Ma cosa c’entra il bio con i nuovi Ogm?
Andiamo con ordine. I primi ad accorgersene sono stati gli attivisti della Ong Centro internazionale Crocevia che si occupa di transgenico da anni. “Le aziende biologiche non devono prestarsi alla sperimentazione di nuovi Ogm (gli Ngt che in Italia vengono chiamati Tea)invece due aziende biologiche ospiteranno la sperimentazione in pieno campo di organismi geneticamente modificati con le New Genomic Techniques. Si tratta dell’azienda Stuard di Parma e dell’azienda Vititaly di Padova. La prima è solo in parte biologica, la seconda invece è interamente certificata bio”.

Le due aziende coinvolte nella sperimentazione

Nello specifico, l’azienda agraria sperimentale Stuard ha dato il benestare per la sperimentazione in pieno campo di pomodori Ogm ottenuti con le New Genomic Techniques dal Crea di Pontecagnano, mentre Vititaly ha dato il benestare per la sperimentazione in pieno campo di vitigni Ogm ottenuti con le Ngt da un’azienda privata creata da ricercatori dell’Università di Verona.

L’appoggio convinto di Coldiretti ai nuovi Ogm

Del resto, lo scorso 30 settembre le prime viti Tea erano state messe a dimora nel Campus universitario di San Floriano in Valpolicella, nel Comune di San Pietro in Cariano (Vr), alla presenza di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, che ha voluto dimostrare il suo appoggio convinto facendosi immortalare mentre, pala alla mano, partecipava all’operazione promossa dal Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona con lo spinoff universitario EdiVite.

La difesa di Stuard

Tornando all’oggi, rispondendo a un mailbombing organizzato dalla Coalizione Cambiamo il campo, Roberto Ranieri, Presidente Azienda Agraria Sperimentale Stuard ha risposto: “l’Azienda agraria sperimentale Stuard come potrà notare dal nome è un’azienda che da più di 40 anni funge da piattaforma sperimentale in agricoltura per i centri di ricerca pubblici (Università, Cnr, Crea…) e per le aziende private che operano nel nostro territorio. E’ un’azienda sperimentale, non profit, indipendente. Svolge anche attività di produzione e di vendita diretta di prodotti biologici già da più di 20 anni. Per queste attività – scrive Ranieri – abbiamo terreni in biologico (nel corpo principale dell’azienda) e terreni in agricoltura convenzionale. I terreni in convenzionale vengono impiegati per condurre le sperimentazioni per i clienti interessati all’agricoltura convenzionale che rappresenta l’80-85% del terreno coltivato in Italia”. Secondo il presidente della Stuard, ospitando la sperimentazione proposta dal Crea “non facciamo altro che espletare il nostro ruolo di sperimentatori e quindi il nostro mestiere. I terreni in biologico della nostra azienda non saranno toccati dalla sperimentazione del Crea, che sarà ovviamente condotta nei terreni in convenzionale e rispetterà tutte le regole previste dai Ministeri competenti”.

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I rischi connessi a un via libera

Una risposta che al di là della correttezza per quanto riguarda il rispetto delle normative, non è sufficiente a spegnere le perplessità. Il polline delle piante geneticamente modificate può diffondersi a piante non geneticamente modificate trasportate dal vento, dagli insetti o da altri animali, anche a distanza di diversi chilometri. Ed è uno dei motivi per cui in Italia fino ad oggi ha resistito una sostanziale moratoria sulla coltivazione di Ogm in campo aperto. “Quella offerta dall’azienda Stuard – commenta Francesco Paniè, Campainer di Crocevia – è una giustificazione davvero povera. Se rientrano nei canoni di legge, non sono certamente dentro quelli dell’opportunità politica. Un’azienda con quella storia e quel rapporto con il territorio dovrebbe rendersi conto di essere strumento di interessi più grandi che lavorano per spianare la strada alla deregolamentazione dei nuovi Ogm. Vent’anni fa una cosa del genere non sarebbe mai successa, il fatto che accada oggi con tanta disinvoltura, e coinvolga anche aziende che fanno il biologico, mostra che le organizzazioni di rappresentanza del settore hanno molto più lavoro da fare, rispetto a quanto fatto finora, per fermare questa deriva”.

Federbio difende Stuard…

Il Salvagente ha chiesto un commento alla vicenda a Icea, l’organismo che certifica la parte biologica della Stuard, ma non ha ricevuto risposta. A prendere posizione, contattata da noi è Federbio, il cui Segretario generale, Paolo Carnemolla, risponde: “Dal primo momento in cui siamo stati informati delle sperimentazioni di cui si tratta ci siamo attivati per verificare effettivamente lo stato delle cose. Per quanto riguarda l’azienda Stuard, visti i rapporti esistenti da lungo tempo con FederBio, come con molte altre realtà storiche del biologico italiano, anche per attività di sperimentazione e dimostrazione in agricoltura biologica efederbio l’encomiabile attività che questa svolge da decenni per diffondere e promuovere i principi, le pratiche e i prodotti dell’agricoltura biologica, abbiamo potuto verificare che l’attività di cui si tratta non riguarda in alcun modo l’azienda biologica certificata dato che si svolge su terreni convenzionali distanti dal corpo aziendale e che non sono di proprietà”. Secondo Carnemolla, l’azienda “nel tempo con l’ingresso nella rete delle aziende sperimentali della Regione Emilia Romagna si è convertita al biologico, scelta confermata con convinzione anche dall’attuale proprietà che è subentrata dopo la dismissione della rete pubblica regionale”. “Diversa è la situazione dell’azienda Vititaly – continua Carnemolla – a quanto sappiamo la sperimentazione si svolgerà su terreni certificati biologici e all’interno della stessa azienda biologica. In questo caso è certamente necessaria una verifica rigorosa del rispetto della vigente normativa Ue in materia di agricoltura biologica da parte sia dell’organismo di certificazione incaricato che delle Autorità competenti regionale e nazionale. Sappiamo che l’organismo di certificazione dell’azienda ha già preso in carico la situazione ma ci risulta che ancora le viti Ngt resistenti alla peronospora non dovrebbero essere state messe a dimora”.

… ma non condivide la sperimentazione nel bio

Il Segretario generale di Federbio aggiunge: “A prescindere dalla nostra posizione, che rimane quella di sempre ovvero in linea con la posizione di Ifoam Oe (l’organizzazione europea che riunisce i settori dell’agricoltura e dell’alimentazione biologica, ndr) e la proposta della Commissione Ue di escludere sementi e materiale riproduttivo ottenuto con queste tecniche dall’ambito normativo dell’agricoltura biologica, quello che ci dovrebbe tutelare nell’immediato è il rigoroso rispetto dei divieti imposti dal Regolamento Ue vigente relativamente a sostanze non ammesse e Ogm all’interno di un’azienda biologica certificata. In tal senso devono vigilare anche le Autorità competenti regionale e nazionale”. Sulle due sperimentazioni, Carnemolla dice: “Ne siamo venuti a conoscenza solo di recente a seguito di una richiesta di informazioni da parte dell’associazione Crocevia, con cui collaboriamo da tempo. Se fossimo stati consultati ci saremmo dichiarati contrari, anzitutto nel rispetto della normativa vigente in materia di produzione biologica certificata”.

Aiab: si rischia di ingenerare confusione

Anche l’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab) si è espressa: “I nuovi Ogm non sono ammessi in biologico, Aiab lo ricorda a gran voce da anni. Nonostante i tentativi di scardinare questa posizione, le norme europee e nazionali lo confermano e Ifoam si sta battendo in Europa perché sia chiaramente ribadito nella normativa comunitaria, bandendo tali tecnologie dal biologico senza alcuna ambiguità. Ne deriva che associare, anche solo nella comunicazione, l’agricoltura biologica all’introduzione di materiale vegetale ottenuto con Ngt/Tea potrebbe confondere operatori e consumatori arrecando un danno di immagine gravissimo per tutto il settore; alludere a una qualsiasi connessione tra Ngt e biologico è deleterio. È quanto mai necessario affermarlo oggi, mentre la sperimentazione in campo delle Ngt muove i suoi primi passi su diverse colture ed anche in viticoltura”. Secondo l’Aiab, “I nuovi Ogm espongono al rischio di inquinamento non solo genetico della nostra agricoltura, ma anche di contaminazione di prodotti biologici e di dibattito pubblico sull’integrità del settore. Continuiamo a chiedere di escluderne l’utilizzo in assoluto perché rischiamo di mettere in pericolo il patrimonio di agro-biodiversità che è vanto italiano. Un’agro-biodiversità quanto mai necessaria in biologico per sostenere, insieme alle buone pratiche per il suolo, l’adattamento al cambiamento climatico”.

Crocevia: Gli enti ritirino la certificazione a chi viola la legge

Secondo Francesco Paniè, “Allo stato attuale, la regolamentazione europea vieta gli Ogm nel biologico, anche a fini sperimentali. È gravissimo che ci siano aziende certificate bio che hanno offerto i loro terreni per una sperimentazione di nuovi Ogm. Ci aspettiamo che gli enti certificatori ritirino subito la certificazione biologica a tutte quelle realtà che oggi e in futuro hanno violato e violeranno la legge scritta e quella del buon senso” conclude Paniè”.

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