Dopo la nostra inchiesta sul decreto “Ammazza bio”, il ministero delle Politiche agricole corre ai ripari proponendo delle modifiche: sparisce la bocciatura in presenza di tracce di pesticidi ma restano limiti troppo generosi per glifosato e altre molecole
Mezza toppa ma il buco rimane. Il ministero delle Politiche agricole di Francesco Lollobrigida dopo la nostra inchiesta sul decreto ministeriale Contaminazioni ribattezzato “Ammazza bio”, ha convocato un tavolo tecnico per modificare il provvedimento.
Dalla riunione della scorsa settima è trapelato che il ministero è disposto a eliminare sostanzialmente l’articolo 3 del decreto, quello che di fatto bloccava un alimento bio per la presenza accidentale di due pesticidi non ammessi “in tracce”, ovvero a una concentrazione inferiore a 0,01 mg/kg, il Loq, il limite di quantificazione analitica. Di più: verrebbe eliminato dall’articolo 3 il passaggio sull’obbligo per il coltivatore di garantire che la contaminazione accidentale non si ripeterà più. Inoltre dal titolo e dal testo dell’allegato sono stati tolti i riferimenti a “tracce” che di fatto imponevano anche in presenza di una presenza infinitesimale l’obbligo della quarantena.
Fin qui diciamo che il ministero di Lollobrigida ha cercato di mettere una toppa e sono state accolte le nostre critiche e di sicuro le richieste delle associazioni di categoria Federbio, Aiab, Coldiretti e via elencando.
Il buco resta invece perché l’articolo 5 del decreto non viene minimamente toccato dalle modifiche: il che significa che viene concesso il nullaosta alla tolleranza, inedita nel panorama dell’agricoltura biologica, per la presenza accidentale di pesticidi non ammessi in quantità maggiori (superiori a 0,01 mg/kg), tra cui il glifosato, l’erbicida probabile cancerogeno per Iarc-Oms, che sarebbe tollerato fino a 20 volte il limite consentito in alcune colture.
Come mostra la grafica riportiamo alcuni esempi dei nuovi limiti di tolleranza per sostanze non ammesse nel biologico:
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Se era assurdo bloccare un alimento bio che conteneva tracce accidentali di pesticidi, perché magari il vento le aveva trasportate dal campo vicino, continueremo, a differenza delle associazioni di categoria schierate in difesa dell’articolo 5, a chiedere che non vengano tollerati i pesticidi qualora siano presenti in quantità superiore alle tracce.
A chi conviene infatti avere un biologico che può essere sporcato? Non di certo ai consumatori, disposti a pagare di più per avere un cibo libero dalla chimica.
Rimane infine l’aspetto bizzarro che qualora si rilevi la presenza di una contaminazione oltre i limiti indicati dall’articolo 5 ed emerga che è non intenzionale, e l’agricoltore aveva posto in essere, per quanto invano, tutte le misure ragionevoli per evitarla, il coltivatore non viene sanzionato, ma deve buttar via il prodotto e nessuno lo indennizza, in barba al criterio che “chi inquina paga”.