Posticipare a dopo il 2035 lo stop alle auto termiche e alle loro immatricolazioni? Una mossa ideologica, un favore all’Eni e una contraddizione con gli accordi fimati con la Cina dal governo Meloni. Lo sostengono ambientalisti e sindacati di Sbilanciamoci!
“Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, si fa promotore in Europa di una richiesta che va contro qualsiasi logica ambientale, sociale e industriale. Posticipare lo stop alle auto termiche, fissato a livello europeo al 2035, o indebolire la normativa UE per fare spazio ai biofuels di ENI, non solo rallenta la lotta alle emissioni climalteranti, in un momento storico in cui i cambiamenti climatici colpiscono duramente il Paese, ma determina confusione e incertezza nell’intero settore dell’automotive, con gravi conseguenze sulla competitività dell’industria europea e sulla stabilità della forza lavoro”.
Con questa posizione Campagna Sbilanciamoci!, Filt Cgil, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, Transport&Environment e WWF esprimono il loro dissenso rispetto alla proposta del Ministro Urso di ritardare il passaggio alle auto zero emission entro il 2035.
E gli accordi con la Cina?
“La mossa del Ministro Urso a Bruxelles è non solo dannosa, ma anche incoerente”, dichiarano le organizzazioni firmatarie. “Il governo di cui fa parte, lo stesso che in Europa fa la guerra all’auto elettrica, continua in Italia a spendere – in maniera inefficiente – miliardi di soldi pubblici per incentivare l’acquisto di auto meno emissive; e si impegna con la Cina tramite un memorandum di collaborazione industriale – dove la mobilità elettrica ha un ruolo di primo piano – firmato dalla premier Meloni e dal presidente cinese Xi Jinping lo scorso luglio. Ma perché all’industria di Pechino dovrebbe mai interessare insediarsi in un contesto apertamente ostile alla mobilità elettrica?
Mentre giochiamo una partita perdente contro una tecnologia sulla quale investono tutte le maggiori economie mondiali, nei primi otto mesi di quest’anno l’automotive nazionale registra una riduzione della produzione di auto di oltre il 35%, con migliaia di lavoratori in cassa interazione. Al momento sono questi, e non altri, i traguardi conseguiti”.
Serve più concretezza
Secondo le organizzazioni, il ministro Urso e l’esecutivo Meloni sono chiamati a mostrare concretezza: se il loro intento è quello di garantire la stabilità del settore automotive e una prospettiva chiara e sostenibile all’industria europea, il loro impegno dovrebbe volgersi verso maggiori investimenti e sostegno al settore, accompagnando la transizione con misure di finanza pubblica, così come già suggerito dal report di Mario Draghi.
“La crisi dell’automotive italiana, sono i numeri a dirlo, comincia ben prima dell’auto elettrica e non ha alcun rapporto con quella tecnologia. Tenere fuori l’Italia dalla sfida della decarbonizzazione della mobilità vuol dire giocare con la pelle dei lavoratori, che non possono pagare per la miopia di chi, invece di investire nella transizione, la ritarda o la ostacola. Oggi, per quella miopia, sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro, e condividiamo le preoccupazioni dei sindacati dei lavoratori del settore metalmeccanico che manifesteranno a Roma il prossimo 18 ottobre, e del settore autoferrotranvieri che sciopereranno il prossimo 8 novembre per il rinnovo del CCNL, bassi salari e risorse per il settore. L’unica strada giusta è quella che conferma e sostiene con valide azioni politiche i target europei di decarbonizzazione e riduzione di CO2. Il resto sono battaglie di retroguardia, inesorabilmente perdenti sul fronte del clima, dello sviluppo, dell’occupazione”.