Caro Salvagente, ieri all’uscita dall’ufficio ho scoperto che la mia bicicletta era stata rubata. La cosa che più mi ha lasciato perplesso è stato il fatto che la bici era regolarmente parcheggiata all’interno del perimetro aziendale (protetto da recinzione e varie telecamere), bloccata con catena e lucchetto a una rastrelliera predisposta all’uopo. Ho denunciato la cosa al personale addetto alla sicurezza, ai miei superiori e ovviamente alle forze dell’ordine.
Domanda: esistono i presupposti per una richiesta di risarcimento danni?
Aggiungo che non sono esposti avvisi che declinino responsabilità su quanto parcheggiato (bloccato da catene/antifuti o no) all’interno dell’area aziendale.
G. Orsino
Il furto di una bicicletta di proprietà di un dipendente, avvenuto all’interno del perimetro cintato dell’azienda in cui lavora, pare assimilabile all’ipotesi di furto di veicolo in area di parcheggio.
Per poter determinare se sussista o meno un qualche obbligo e, dunque, una responsabilità in capo alla società datrice di lavoro – quella che ha messo a disposizione dei dipendenti le rastrelliere per il ricovero delle biciclette – occorre tenere presente che il contratto di parcheggio è un contratto atipico, non espressamente previsto e disciplinato dal legislatore, in cui convergono elementi tipici sia del deposito che della locazione.
E proprio in base a come dovesse essere inquadrato in caso di azione legale del danneggiato (in questo caso il lettore, ma il caso potrebbe benissimo essere esteso a chi lascia un mezzo in un parcheggio di un supermercato, tanto per fare un esempio), si potrebbe definire l’orientamento giurisprudenziale.
Se infatti il luogo previsto per lasciare le biciclette fosse considerato un deposito, l’obbligo di custodia sarebbe in capo al depositario, con la conseguenza che in caso di furto o danneggiamento risponderà quest’ultimo a titolo di inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c.
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E così ha ritenuto parte della giurisprudenza, partendo dal presupposto che l’offerta della prestazione di parcheggio, cui segue l’accettazione attraverso l’immissione del veicolo nell’area, ingenera l’affidamento che in esso sia compresa la custodia (Cass. n. 3863/2004, n.1957/2009).
In tal caso la responsabilità del depositario (in questo caso il datore di lavoro del lettore) non potrebbe essere esclusa neppure da eventuali condizioni generali di contratto, predisposte dal gestore dell’area di sosta e determinate ad escludere la custodia del bene.
Esse infatti – data l’istantaneità con cui il contratto si conclude, che non permette all’utente di prenderne visione – equivarrebbero a clausole vessatorie ex art. 1341 c.c., invalide se non espressamente sottoscritte.
Ove, invece, il parcheggio in cui ha lasciato la bicicletta il lettore fosse inquadrato come locazione – sulla base del ragionamento secondo cui scopo principale dell’utente è quello della ricerca di una area di sosta temporanea del mezzo – unico obbligo del gestore sarebbe quello di garantire il godimento dell’area di parcheggio, dietro il pagamento di un corrispettivo, senza dover provvedere alla custodia, che potrà essere esclusa con specifici cartelli.
In questo caso la limitazione di responsabilità del gestore, inserendosi nell’ambito dell’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c., non potrà assumere i tratti della vessatorietà , non essendo richiesta l’approvazione per iscritto.
A questo orientamento si rifanno le Sezioni Unite della Cassazione che, con sentenza 14319/2011, hanno escluso la responsabilità ex recepto del gestore di un’area di parcheggio sita in prossimità di una stazione della metropolitana milanese, data la presenza di cartelli che indicavano che il parcheggio non era custodito.
Ciò detto, è evidente che il caso esposto dal nostro lettore sia difficilmente inquadrabile sia in una fattispecie che nell’altra.
Tuttavia, ai legali a cui abbiamo chiesto un parere pare non sussistere la responsabilità dell’azienda in questione, che semplicemente agevola i propri dipendenti nella ricerca di un posto in cui lasciare i propri mezzi durante l’orario lavorativo, peraltro senza pretesa di corrispettivo.