Il Consiglio di Stato sospende il giudizio sulla tabella unica dei risarcimenti per le macrolesioni, col risultato che un palermitano e un milanese, a parità di danno biologico, prendono risarcimenti diversi. Qualcuno parla di una legge che avrebbe abbassato i risarcimenti ma non è così
“IL CONSIGLIO DI STATO, sospende il giudizio sulla tun (la tabella unica nazionale delle assicurazioni). Difficile condividerne il ragionamento. Difficile accogliere argomentazioni così farraginose e, nella sostanza, animate da un evidente pregiudizio di fondo. A maggior ragione nel contesto di una vicenda – quella dell’art. 138 del codice delle assicurazioni – che si pone ormai da quasi vent’anni ben oltre i confini del ridicolo, entrando a pieno titolo nel territorio della inciviltà giuridica…”
Inizio queste poche righe di disappunto con le parole che il mio amico Maurizio Hazan, avvocato esperto in diritto delle assicurazioni, ha condiviso su un social. La notizia è che il Consiglio di Stato ha sospeso il parere sullo Schema di regolamento recante la tabella unica nazionale relativa alle macrolesioni, il cui testo era stato inviato al Consiglio di Stato per il relativo parere, e che quindi non è ancora pronta per la firma definitiva e la relativa pubblicazione. Una notizia che alcuni giornali hanno commentato come se si trattasse di uno stop a un DPR che tagliava i risarcimenti per le macrolesioni e regalava soldi alle assicurazioni. E invece, a mio giudizio, si tratta di una palese inciviltà giuridica nel Paese in cui è nato il diritto.
Le lesioni e il risarcimento “geografico”
Non posso fare a meno di ricordare l’intero iter della legge 57 del 5 marzo 2001, poi abrogata, ripresa nel testo unico delle assicurazioni. Sul finire degli anni 90 studiando i risarcimenti che venivano disposti dai vari tribunali per il danno biologico ci rendemmo conto delle enormi disparità che esistevano da tribunale a tribunale, era in voga una gara tra giudici per far prevalere le proprie tabelle risarcitorie sulle altre e così facendo si rendeva famoso un nome di un giudice piuttosto che un altro. Era vergognoso che la riduzione della capacità psicofisica di una persona, a parità di lesione, fosse di 100 lire in una città e di 1000 in un’altra.
Con un piccolo numero di esperti facemmo una media ponderata delle tabelle in uso in 96 tribunali producendo un volume che aveva per titolo Il punto unico nazionale il PUN. Ci sembrava un’operazione di giustizia sociale permettere a un palermitano di essere risarcito come un milanese a parità di lesione, questa cosa fu immediatamente sposata dall’On Mario Lettieri (Democratici di sinistra) che ne fece un disegno di legge e si preoccupò di farlo firmare da parlamentari di tutti gli schieramenti politici; probabilmente a quella classe politica stava molto a cuore il bene comune, tanto vero che in appena 18 mesi quella proposta diventò legge.
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A quel punto si aprì, presso il ministero della Sanità, l’iter per stabilire quanto valesse il singolo punto e i coefficenti di aumento progressivo all’aumentare dei punti di invalidità così come quelli di decremento in base all’età. Tutto semplice fino a stabilire tali progressioni fino al 9% di invalidità le c.d. micropermanenti. Dai 10 punti di invalidità fino ai 100 si è dovuto però aspettare ben 22 anni per vederle in una bozza di legge.
I dubbi del Consiglio di Stato e quelli degli italiani
Quando tutto sembrava fatto e si pensava ai riflessi pratici – non ultimi quelli per stabilire le tariffe Rc-auto, tanto per dirne uno – ecco che il consiglio di Stato sospende di fatto l’applicabilità della norma. Una vergogna che denota come una importantissima istituzione dello Stato sia sganciata dall’evoluzione della società civile, o peggio, sia animata da un pregiudizio di fondo, come spiega l’amico Hazan.
Qui non questioniamo sul togliere indipendenza alla magistratura ma di rendere i cittadini tutti uguali nella sofferenza. Non stiamo questionando sull’importanza di avere una difesa adeguata offerta da un valente professionista, ma di riconoscere alla pari ciò che stabilisce la medicina legale. Nell’ottica della sostenibilità della spesa che il parametro unico permette di avere al contrario dell’andamento del punto affidato all’imprevedibilità del caso.
Caro Consiglio di Stato, sicuramente, come si legge dai commenti sui social, hai fatto felice qualche giurista nostalgico dei vecchi sistemi in cui tutto era nebuloso, anche l’onorario; ma hai disatteso i tanti giuristi che con impegno e responsabilità seguono l’evolvere della società e dei suoi bisogni; cosa ancor più grave hai sospeso una norma per i cittadini di giustizia ed equità, aggiungo anche di trasparenza.