Favismo: chi rischia davvero e di cosa si tratta

FAVE FAVISMO

Compaiono in questi giorni nei negozi gli avvisi “Attenzione in questo esercizio si vendono fave fresche”. La ragione è mettere in guardia chi soffre di favismo. Ma di cosa si tratta e quali sono i pericoli che si corrono?

Una delle più belle parabole sia pure di fonte anonima è quella del “contadino cinese” che si riassume nel principio di “non valutare” quanto sia fortunato o meno un evento che ci coinvolga se non si conosce il tutto che lo comprende. Il favismo è una malattia antica e lo stesso Pitagora cinque secoli prima di Cristo probabilmente ne soffriva. Diogene racconta che Pitagora preferì essere ucciso dai soldati di Cilone pur di non nascondersi in un campo di fave dove avrebbe trovato a suo parere ugualmente la morte. Se Pitagora fosse ammalato di favismo è ben difficile da stabilire oggi, ma che il favismo sia qualcosa che ci ricorda l’arrivo del mese di maggio con la comparsa spesso di cartelli di avviso ai consumatori prima di entrare nei supermercati, è una cosa certa a cui ci siamo abituati in tanti. Proveremo a spiegare come le fave, oggetto addirittura di un precetto dalla Scuola dei pitagorici, offrano tanti vantaggi ma sono la causa del favismo.

 

Il favismo è una malattia infettiva che può essere pericolosa per chi è accanto ad un malato

FALSO Il favismo non è una malattia infettiva e tantomeno è una forma di allergia alle fave, ma è una malattia genetica che si trasmette attraverso il Dna alle generazioni successive. Essere ammalati di favismo significa che un enzima molto importante per il nostro organismo (G6PD e non ripeteremo questo acronimo nel proseguo) è mancante totalmente o solo in parte. Le istruzioni per produrre questo enzima sono presenti sul cromosoma X per cui se il messaggio manca o in parte è errato, ecco produrre un enzima poco o per niente efficiente. Le mamme forniscono il cromosoma X a tutti i figli per cui un maschio su due sarà malato e una femmina su due sarà portatrice del messaggio errato, raramente avremo donne ammalate di favismo specie nella sua forma più grave. Nel caso di un padre ammalato di favismo l’errore, ma non la malattia sarebbe trasmessa a tutte le figlie femmine ma a nessun maschio. La differenza fra i due sessi è dovuta alla doppia copia del cromosoma X che il sesso femminile possiede per cui la copia “integra” del cromosoma X maschera la copia “errata”. Nei maschi tale cromosoma è copia unica, il suo gemello è il cromosoma Y, e questo fa sì che la malattia si esprima sempre non avendo la copia di riserva. Una persona affetta da favismo non può mai infettare o trasmettere la malattia ad altri se non per via genetica.

 

Il favismo è una malattia tipica di popolazioni molto differenti tra loro per cultura e tradizioni

VERO Questo enzima difettoso o del tutto assente è la causa del favismo specie in aree geografiche come il bacino del Mediterrraneo, l’Asia o il Medio Oriente. In Italia l’incidenza del favismo è circa dello 0,4% ma raggiunge l’1% in Sicilia e il 14% della popolazione in Sardegna. Il favismo è fra i più comuni difetti enzimatici umani ed è presente in oltre 500 milioni di persone nel mondo e 400 mila in Italia. Questo concentrarsi in alcune aree del pianeta e nelle isole del nostro paese è dovuto in parte alle tradizioni culturali o religiose. Citiamo lo scrittore catanese Luigi Capuana che nei suoi vari Racconti fine ‘800 cita “Moglie e buoi dei paesi tuoi”, così spiega così la patologia genetica legata ad una popolazione locale dove non si può diluire l’errore genetico. In parte entrano anche le difficoltà del passato di “rimescolare” il DNA fra popolazioni isolate geograficamente da altri patrimoni genetici per varie difficoltà. Il rimescolamento genetico è da sempre la principale fonte di variabilità che porta all’evolversi della specie umana facendogli acquisire nuove abilità altrimenti raggiungibili solo col caso e le basse probabilità di avverarsi. Dal punto di vista genetico questa malattia non può scomparire del tutto dalla popolazione perché il messaggio errato sarà sempre nascosto nei cosiddetti “portatori sani” che non hanno nessuno sintomo visibile ma che involontariamente trasferiranno l’errore alle successive generazioni.

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Il favismo è una malattia poco pericolosa per cui non servono cartelli e avvisi

FALSO Questo difetto genetico può essere considerato un serio pericolo per chi soffre di favismo perché viene meno una delle più importanti difese dei nostri globuli rossi. L’enzima è presente in tutte le cellule del nostro corpo, ma nel caso dei globuli rossi se assente o poco efficiente, in caso di stress si ha una emolisi ovvero la rottura dei globuli e la liberazione dell’emoglobina contenuta all’interno con danni anche gravissimi all’intero organismo. I globuli rossi somigliano ai sacchetti in plastica con cui portiamo a casa i pesciolini rossi da una fiera. Sono sacchetti fragili, non sono elastici, devono contenere tanta massa, ma si possono danneggiare e perché l’ossidazione di questi “sacchetti” – nel caso dei globuli rossi ci riferiamo alle loro membrane – sia neutralizzata sono deputate una serie di sostanze che dipendono dall’enzima di cui abbiamo parlato. Se non è presente, basta poco per bucare il sacchetto del globulo, non ripararlo in tempo e così svuotarlo della preziosa emoglobina contenuta. L’emoglobina è fondamentale per trasportare l’ossigeno dai polmoni alla periferia e non funziona se è al di fuori dei globuli, e chi soffre di favismo in caso di crisi emolitica può avere danni molto gravi. Questa anemia violenta porta nel giro di un tempo che va da poche ore fino a circa tre giorni ad una serie di sintomi come stanchezza generale, tachicardia, dolori alla milza, febbre, urine color caramello, forme di ittero evidente guardando gli occhi. Tutti sintomi di un pericolo grave se non affrontato in tempo a valle della crisi emolitica. Non avere mai avute in passato delle crisi non riduce il rischio che possano comparire, anche in tarda età e che la stessa crisi è dose-dipendente per cui occorre ci sia un certo quantitativo di agente scatenante. L’unico trattamento terapeutico disponibile per contrastare la crisi emolitica acuta è la trasfusione di globuli rossi.

 

Basta stare attenti a non mangiare le fave per non avere problemi

FALSO La rapida distruzione dei globuli rossi dipende da due sostanze (vicina e convicina) principalmente presenti solo nelle fave, anche se a dire la verità tutte le leguminose le posseggono ma in quantità molto meno evidenti. Le due molecole non sono nel polline per cui entrare in un campo forse avrebbe salvato Pitagora, ma mangiare fave o ad esempio minestroni o zuppe con fave produce delle crisi di favismo più o meno gravi in funzione della severità della mutazione genetica che abbiamo nel nostro DNA e della quantità di fave mangiate. Gli ammalati di favismo sono anche indicati come “fabici” e devono evitare di mangiare fave per non avere crisi. Diceva l’epicureo Lucrezio che “Quod aliis cibus est aliis fuat acre venenum” ovvero “Quello che per alcuni è cibo, per altri è un aspro veleno” per cui gli anemici non fabici, per la quantità di Vitamina C e Ferro presente nelle fave, traggono giovamento dal loro consumo. Per chi è fabico è importante avvertire il proprio medico curante per evitare di usare dei farmaci o degli integratori che contengano alcuni principi attivi come l’acido acetilsalicilico, ciprofloxacina, idrossiclorochina, nitroglicerina etc. di seguito si riporta l’elenco dei farmaci da evitare da consultare sul sito dell’Istituto Superiore della Sanità. Non ultima vi è la possibilità di avere crisi di favismo nelle persone che hanno un enzima poco efficiente, durante l’evolversi di alcune infezioni dove per contrastare l’invasore causa dell’infezioni si scatena una “vera e propria tempesta di radicali liberi”. L’effetto collaterale indesiderato è quello di danneggiare i globuli rossi che, nel caso dei fabici, sono particolarmente indifesi e quindi si ha la crisi emolitica pur non mangiando fave.

 

Questo errore genetico che provoca il favismo ha una sua logica di esistere

VERO L’incipit di questi miti odierni parlava della parabola del contadino cinese e di come potere valutare un evento nel contesto complessivo. Indubbiamente avere globuli rossi resi fragili dal favismo non è un vantaggio, ma vale la pena di ricordare le aree dove il favismo è più diffuso. Sono zone del mondo e anche del nostro paese dove la malaria ha trovato nel passato spazio per diffondersi. La malaria richiede la presenza del Plasmodium falciparum che per completare il ciclo infettivo e permettere alle zanzare di diffondere la patologia alloggia ospite nei globuli rossi dei malarici. Una delle soluzioni che l’evoluzione naturale ha trovato conveniente è stata quella di rendere l’habitat del Plasmodium poco ospitale. Globuli rossi che prematuramente si aprivano non permettevano al plasmodio di completare il suo ciclo ha permesso di ridurre i casi di malaria in quelle aree. La natura ha selezionato in maniera positiva i fabici perché questo consentiva di evitare troppi casi di malaria purtroppo pagando dazio con dei casi di crisi emolitiche non superabili. Nel complesso la natura non era “matrigna” come descritto dal Leopardi, ma semplicemente è stata speculativa. Oggi con i mezzi farmacologici e le bonifiche delle aree infestate dalle zanzare il favismo appare fuori luogo, purtroppo come già detto questo difetto genetico è “nascosto” nel DNA dei portatori, che non hanno sintomi evidenti, ma che conservano memoria di questo difetto per cui non è possibile eliminarlo dalle popolazioni in maniera totale.

 

Conclusioni

Il favismo è una delle patologie genetiche più diffuse e in Italia lo screening neonatale è stato reso obbligatorio e gratuito per tutti i nuovi nati, dal 1992 (L. 104/1992) per tre malattie: fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica. Dal 2016 è stato potenziato per ulteriori patologie metaboliche raggiungendo un totale di 49 come si possono vedere elencate dal sito https://www.osservatorioscreening.it/screening-neonatale/. È importante sapere se si è fabici o solo potenzialmente tali perché non tutti gli enzimi mutati sono fonte di crisi emolitiche. La soluzione è di evitare le fave come alimento. I cartelli posti all’ingresso dei supermercati sono frutto di ordinanze del comune con lo scopo di proteggere i vari consumatori avvisandoli della presenza di fave, ma entrare in un mercato, vedere le fave non provoca problemi per cui l’attenzione è soprattutto per evitare di avere nel proprio piatto magari a propria insaputa delle fave fresche o congelate.