Endometriosi e gravidanza: quali sono i rischi?

ENDOMETRIOSI GRAVIDANZA

L’endometriosi comporta rischi tanto per la donna in gravidanzache per il futuro bambino. Si può affrontare, abbattendo il tabù e riducendo i pericoli con la diagnosi precoce, già prima che si decida di avere un figlio. Ecco cosa sapere

L’infertilità in Italia riguarda circa il 15% delle coppie. Nel mondo, il dato si attesta al 10-12%. Questa patologia può riguardare l’uomo, la donna o entrambi (è il caso dell’infertilità di coppia). Può accadere che vi sia un’impossibilità di concepire la vita.

Affrontare la questione su più livelli non è mai abbastanza. L’Istituto superiore di sanità (Iss), in collaborazione con il ministero della Salute promuove studi e ricerche sulle cause ambientali, psicologiche, cliniche, dell’infertilità e promuove campagne di informazione per la sua prevenzione.

Una delle cause più diffuse dell’infertilità è l’endometriosi, che da noi incide per il 30-50% delle donne in età fertile che, tradotto in numeri, sono almeno 3 milioni.

Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d’età più basse. La diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche per la donna. Tutto questo travaglio si può evitare o attutire.

Quali sono i rischi e come affrontarla

L’endometriosi ha tante facce e comporta rischi e conseguenze per tutti (genitori, futuro del bambino, stabilità di coppia, tenuta psicologica, spese sanitarie).

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·        Impatto sulla madre

Può procurare dolore e causare infertilità o difficoltà nel parto, riducendo le possibilità di un concepimento.

·        Impatto sul futuro del bambino

Può compromettere la salute del bambino che sta per venire alla luce. Infatti, una delle complicazioni più frequenti è la placenta previa, ovvero l’impianto della placenta in una zona molto bassa dell’utero, davanti al feto. Ciò comporta difficoltà in un parto naturale. Per il bebè possono esserci conseguenze, quali la prematurità e il basso peso alla nascita.

·        Impatto psicologico

Ma l’aspetto che viene sottovalutato maggiormente è l’impatto psicologico sulla condizione delle donne, che spesso manifestano disturbi legati all’ansia, alla depressione e alla sindrome da affaticamento cronico. Eppure, con la giusta informazione e il sostegno si può affrontare.

·        Può minare l’equilibrio del rapporto di coppia

I medici dell’Istituto Irccs Humanitas la descrivono come una anomalia delle cellule endometriali (le cellule normalmente presenti nella cavità uterina) che presenta aspetti ancora misconosciuti, per via della complessità della patologia e delle difficoltà diagnostiche.

Nella definizione del ministero è determinata dalla presenza di endometrio, mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero e può interessare la donna già alla prima mestruazione (definita menarca), accompagnandola fino alla menopausa.

Gli studi istologici hanno evidenziato che l’endometrio nella endometriosi è simile a quello normale. È caratterizzato dalla presenza di recettori ormonali ma ha un’alta capacità di adesività che gli permette di aderire a strutture extrauterine, come le sedi in cui l’endometriosi si sviluppa.

Avere un figlio è possibile

Avere un figlio con l’endometriosi è possibile. Diventare mamma si può”, spiegano gli esperti della Fondazione Umberto Veronesi. E come? Affrontando i rischi, riducendoli al massimo, affidandosi agli esperti e agli affetti, ma soprattutto combattendo lo stigma della paura e del disagio, partendo dalla considerazione che l’infertilità non è una vergogna o una punizione, ma soprattutto esistono percorsi alternativi per giungere alla maternità, che sono:

·        La fecondazione assistita;

·        La possibile adozione.

Una delle prime domande che le ragazze e le donne pongono al proprio ginecologo, una volta ricevuta la diagnosi e prima di definire il piano terapeutico, è se potranno avere figli o meno. “Le probabilità di rimanere incinta – spiegano dalla Fondazione Veronesi – sono più basse rispetto a quelle di una donna sana, ma comunque buone”. A condizione che:

·        La diagnosi sia precoce (Almeno la metà delle pazienti ce la fa in maniera naturale);

·        Ci sia un sostegno totale alla futura mamma e alla coppia.

La patologia è accompagnata da un rischio più alto (anche se non di molto, rispetto al resto delle gestanti) di complicanze durante la gravidanza e, al momento del parto, per le donne che soffrono si può andare incontro a:

·        Preeclampsia;

·        Placenta previa;

·        Nascita prematura;

·        Parto cesareo.

È importante però sapere da subito che la malattia non dà sterilità. Inoltre, l’età della paziente che decide di avere un figlio conta più della patologia stessa.

Rimanere incinta con l’endometriosi, dunque, è possibile. In alcune donne la gravidanza può attenuare i sintomi della malattia, in altre invece no, questo a causa di un aumento di volume dell’utero, che esercita una pressione sulle zone pelviche colpite dal problema.

Cosa fare per ridurre i rischi in gravidanza

Sulla rivista Human Reproduction Update l’invito dei medici è quello di non pensare alla gestazione come a un’occasione per gestire e trattare l’endometriosi. Anche perché durante la gravidanza alle donne viene sconsigliata la terapia ormonale e non è possibile ricorrere alla laparoscopia per rimuovere le lesioni provocate dalla malattia.

Per gestire i sintomi e ridurre i rischi, le donne hanno a disposizione soluzioni meno invasive, quali:

·        Assunzione di antidolorifici;

·        Sessioni di yoga;

·        Stretching per il mal di schiena;

·        Utilizzo di una borsa dell’acqua calda (senza appoggiarla direttamente sulla parte bassa dell’addome);

·        Dieta ricca di fibre (riduce i sintomi intestinali e il rischio di non portare a termine la gravidanza).

I rischi e i sintomi da non sottovalutare prima di una gravidanza

Anche i medici del Gruppo San Donato invitano le donne a puntare sulla diagnosi precoce, in grado di ridurre i rischi e aumentare le possibilità di una buona riuscita della gravidanza e di concepimento di un bambino sano.

Infatti, quando la patologia endometriosica progredisce senza essere trattata adeguatamente, la formazione di aderenze a livello delle ovaie e delle tube può causare infertilità. Per questa ragione, una diagnosi precoce può essere determinante nel preservare la possibilità della donna di concepire e portare a termine la gravidanza, con la nascita di un bambino sano.

Tutto però deve partire dai sintomi. Bisogna coglierli e non sottovalutarli. In genere è il dolore a spingere le donne a sottoporsi a controlli medici. Perciò bisogna intervenire, soprattutto prima di una gravidanza, quando si presentano:

·        Forti dolori mestruali (dismenorrea secondaria), non avvertiti in precedenza;

·        Dolore pelvico cronico;

·        Sofferenza durante il rapporto sessuale.

Affinché la diagnosi precoce sia possibile, è importante che lo specialista non escluda il sospetto di malattia anche quando l’esame obiettivo addominale e pelvico, l’ecografia e la risonanza magnetica siano negativi.

Se il sospetto clinico rimane, o i sintomi persistono, è necessario considerare un consulto specialistico per ulteriori valutazioni e test diagnostici, al fine di giungere in tempo ad una diagnosi certa e prevenire le conseguenze di questa patologia sulla fertilità.

I pericoli si riducono anche con l’educazione sessuale

La prevenzione passa anche dall’educazione sessuale, quindi dall’informazione. In giovane età è molto importante sapere che:

·        Non sono normali i dolori mestruali durante i rapporti sessuali;

·        Non devono essere taciuti;

·        Inoltre, le donne che hanno la madre o una sorella affette da endometriosi possiedono un rischio di svilupparla 7 volte maggiore.

I medici di medicina generale e i ginecologi operanti sul territorio sono le figure strategiche per una pronta diagnosi e un trattamento in grado di migliorare la qualità di vita e prevenire l’infertilità. Di grande utilità è l’ecografia, soprattutto per le forme ovariche (cisti ovariche definite endometriomi) e le forme di endometriosi profonda.

I rischi di un intervento sulle ovaie

L’approccio alla malattia è importante per la minimizzazione del rischio, e dipende prevalentemente dai sintomi e dal desiderio di maternità della paziente.

Le opzioni includono:

·        L’attesa;

·        La terapia medica (agisce sui sintomi, senza ridurre le lesioni, che possono tornare a crescere dopo la sospensione delle cure);

·        La terapia chirurgica;

·        La procreazione medicalmente assistita.

L’intervento è da considerare necessario quando la malattia è dolorosa e invalidante e i trattamenti farmacologici (pillola anticoncezionale ed estroprogestinici) non danno i risultati sperati.

Occorre comunque considerare che non si può operare a oltranza; ciascun intervento è più complesso rispetto al precedente, motivo per cui gli specialisti tendono a non andare oltre un massimo di due operazioni.

Inoltre, la chirurgia non deve essere vista come la panacea per tutti i casi. È fondamentale mantenere l’integrità delle ovaie, anche se non è sempre possibile quando si rimuovono le cisti endometriosiche, a maggior ragione se da entrambe le ovaie.

Perciò gli interventi sono ridotti al minimo, per non rischiare di danneggiare le gonadi.

Quando è possibile congelare gli ovociti

Le cisti nascono dall’ovulazione, pertanto l’uso della pillola anticoncezionale (sia nelle donne già operate, sia tra coloro che possono evitare l’intervento) può rappresentare una valida opportunità per preservare la fertilità. In questo modo si evita la formazione di nuove cisti.

Un’altra possibilità è data dalla crioconservazione degli ovociti (vitrificazione degli ovociti), una tecnica che permette di preservare un numero di ovuli maturi della donna attraverso il congelamento.

Purtroppo questa procedura non è coperta dal Servizio Sanitario Nazionale, perciò risulta a carico della paziente ed è diffusa soprattutto nei centri privati che si occupano di procreazione medicalmente assistita.

Anche in questo caso, però, occorre considerare dei limiti, in particolare:

·        L’età della donna (se la diagnosi avviene a ridosso dei 40 anni, si sconsiglia di congelare gli ovociti);

·        Eventuali cause di infertilità nel partner.

L’età è importante perché consente alla donna di sottoporsi alle terapie necessarie e poi, nel caso non si riuscisse ad ottenere una gravidanza spontanea quando la si desidera, ricorrere alla procreazione medicalmente assistita impiegando i propri ovociti.

In ogni caso, se una paziente non riesce a rimanere incinta in maniera spontanea e deve ricorrere alla fecondazione assistita, le chance di diventare madre sono analoghe a quelle che hanno le donne infertili per un problema tubarico, per una causa sconosciuta o perché hanno un partner con problemi di fertilità.

Le conseguenze sulla spesa sanitaria

La comunità scientifica converge sull’importanza di una pronta diagnosi e di un trattamento tempestivo. Questo può migliorare la qualità di vita e prevenire l’infertilità. La prevenzione passa da una maggiore conoscenza e da una qualità dell’informazione più accurata.

La scarsa informazione su questa patologia è solo una delle tante pieghe del grande velo che ricopre ancora oggi i temi legati alla sessualità. Parlare, dialogare, intercettare le generazioni più giovani: sono queste le azioni concrete che potrebbero migliorare la qualità di vita delle donne maggiormente colpite da endometriosi e da infertilità.

È ancora oggetto di studio e ricerca, tuttavia resta in gran parte poco conosciuta. È considerata una malattia di rilevanza sociale in quanto, nelle forme più severe, la sintomatologia e i disturbi rallentano la produttività lavorativa delle donne che ne sono affette.

Non affrontarla in modo adeguato continua a comportare rischi anche sulla tenuta della spesa pubblica dei sistemi sanitari nazionali. Infatti, secondo l’Onu e la Comunità europea l’impatto economico in Europa è di 30 miliardi di euro (solo la spesa sociale), da sommare ai 22,5 miliardi di oneri annuali per congedi di malattia. In Italia il costo sociale della malattia è di 6 miliardi di euro. Mentre 33 milioni è il computo delle giornate di lavoro annue perse nel nostro paese. Poi ci sono almeno 126 milioni euro per la spesa annua per farmaci a carico del Sistema sanitario nazionale (dato Aifa) e 54 milioni i costi per il trattamento chirurgico.

Al di là di questi freddi numeri, l’impatto psicologico deve essere ridotto con la conoscenza e l’informazione. Come abbiamo visto, è possibile.