Carissimo Direttore,
ho acquistato un’autovettura usata presso una concessionaria.
L’autovettura si presentava in buone condizioni e i chilometri indicati sul cruscotto
risultavano 81.000. Ho chiesto espressamente al titolare del salone se i chilometri
fossero reali in quanto, caso “strano”, non c’era traccia di libretto che certificasse i
tagliandi.
Mi risponde che anche lui non aveva trovato alcunché ma che poteva certificare il
chilometraggio – cosa che non ha fatto – e che in aggiunta ci avrebbe rilasciato una
garanzia supplementare di 24 mesi.
Potrebbe sembrare tutto in regola con una simile sottoscrizione. Ma diversi fattori,
quali rumori degli ammortizzatori ecc., mi hanno insospettito e quindi ho cercato e
trovato un’officina autorizzata della rete del costruttore che potesse risalire e certificare i chilometri.
Ieri pomeriggio l’officina ha confermato che i km rilevati dal tester relativi all’ultima
rigenerazione sono 160.767!
Le chiedo: come devo muovermi per tutelarmi e denunciare questa truffa? Ovvero,
è mia intenzione rendere l’autovettura e riavere la cifra da me integralmente pagata
oltre ad un rimborso per il danno derivato da questo individuo truffaldino.
Luigi
Caro Luigi,
truccare il contachilometri per far risultare un’auto “più giovane” di quello che effettivamente è (allo scopo di poterla vendere a un prezzo maggiore) è purtroppo una truffa piuttosto diffusa nel nostro Paese (le stime parlano di un buon 40% di auto ringiovanite di parecchi chilometri). Dunque non è raro restarne vittima. E come si vede dalla vicenda accaduta al nostro lettore, neanche l’acquisto da un concessionario (e non da un privato) è esente da rischi.
Ma i modi per rivalersi sul venditore, una volta che ci si è accorti dell’inganno, ci sono.
Il venditore ha precise responsabilità contrattuali in ordine al bene che vende: non può vendere una cosa per un’altra. E un’auto con un contachilometri manipolato ad arte che segna 81mila chilometri è un bene diverso da quello che è realmente, cioè un’auto con il doppio dei chilometri.
Per poter agire, però, è fondamentale avere la prova della manipolazione (come nel caso del nostro lettore, che ha potuto conoscere i km reali grazie all’intervento di un’officina autorizzata). Dunque, prove alla mano, si può agire contro il venditore entro i 24 mesi della garanzia legale (o 12 mesi se è stato convenuto questo termine ridotto). Innanzitutto, è consigliabile inviargli una raccomandata con avviso di ricevimento con cui gli si contesta il difetto di conformità che colpisce il bene acquistato e si dichiara di voler agire nei suoi confronti.
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Se in via amichevole non si raggiunge un accordo con il venditore, non resta che l’azione legale innanzi al tribunale competente, che è quello di residenza del consumatore.
Due le richieste (alternative) che si possono fare in questa sede: la riduzione del prezzo di vendita, se il difetto è lieve; oppure la risoluzione del contratto se il difetto di conformità è grave: se sono “spariti” 50mila chilometri, per intenderci, il difetto è tale da poter chiedere la risoluzione del contratto e la restituzione di quanto pagato, oltre che il risarcimento del danno.
Attenzione ai termini: la contestazione deve essere fatta entro 60 giorni dalla scoperta del difetto ed entro l’ultimo giorno del periodo di garanzia legale.
Se per l’acquisto dell’auto era stato stipulato anche un contratto di finanziamento, questo si risolve insieme al contratto principale (quello di vendita), e grava sul venditore l’onere di restituire la somma di denaro chiesta in prestito alla finanziaria.
Oltre all’azione civile che abbiamo appena descritto, ci sono altre due cose che si possono fare per non farla passare liscia al responsabile della truffa: la segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, perché vendere un veicolo con il contachilometri alterato è una pratica commerciale scorretta; e la denuncia penale del venditore per truffa o frode in commercio, a patto di poter provare che la manipolazione sia a lui riconducibile.