Che cos’è il reato di malversazione e quando si configura: chi sono i soggetti coinvolti e quali sono le ultime pronunce in merito della Corte di Cassazione.
Lo Stato, in presenza di determinati requisiti, può rendersi disponibile ad aiutare i cittadini che vogliono intraprendere una determinata attività economica, ad esempio aprendo un negozio o avviando un’impresa, mediante l’erogazione di un finanziamento o di una sovvenzione. Talvolta tale tipologia di aiuto può derivare anche dall’iniziativa o da progetti dell’Unione Europea o di altri enti pubblici. I fondi stanziati per tali iniziative economiche, ovviamente, devono essere destinati alla loro realizzazione, non potendo essere sviati dalla loro naturale finalità. Molto spesso, però, la cronaca ci riporta di casi in cui uno o più soggetti pongono in essere delle azioni tali per cui dei fondi statali destinati alla realizzazione di opere pubbliche o attività specifiche vengano utilizzati per altre finalità. Si tratta del cosiddetto reato di malversazione che, in Italia, è disciplinato dall’articolo 316 bis del codice penale. La norma prevede che “chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato, da un ente pubblico o dall’Unione europea qualsiasi forma di contributo, sovvenzione o finanziamento destinato alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non lo destini a tali finalità è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. È dunque un reato molto grave che presenta delle caratteristiche ben definite dal nostro ordinamento giuridico.
Quando si configura il reato di malversazione
In generale è possibile dire che la malversazione è la condotta di chi utilizza un bene per scopi estranei a quelli per cui lo stesso è destinato. Ad esempio, se il soggetto che ha ottenuto un mutuo per l’acquisto di una casa utilizza quei soldi per comprare altro, egli commette una malversazione, in quanto utilizza impropriamente le somme legalmente ricevute per un altro scopo. In ambito penale, più nello specifico, commette il reato di malversazione chi spende il denaro ricevuto dallo Stato (o da un ente pubblico o dall’Unione europea) per finalità diverse rispetto a quelle previste all’inizio. Ad esempio, integra il delitto di malversazione la condotta del cittadino che, avendo ottenuto un finanziamento per l’avvio di un’attività commerciale, spende quei soldi per l’acquisto di un’auto.
Il reato può essere commesso da chiunque non faccia già parte della pubblica amministrazione e, pertanto, il funzionario pubblico che si impossessa di denaro pubblico non commetterà il delitto di malversazione, bensì il diverso reato di peculato.
Per quanto riguarda i soggetti passivi, il reato di malversazione può essere commesso solo ai danni dello Stato, dell’Unione europea o di un ente pubblico, come ad esempio il Comune, la Provincia o la Regione. Se la stessa condotta si ponesse in essere nei confronti di un privato, dunque, la stessa non integrerebbe il delitto di malversazione ma, al più, un reato diverso, sempre che sussistano i presupposti. In virtù di questo, si ricorda che, secondo la Corte di Cassazione, la persona offesa del reato di malversazione è esclusivamente il soggetto pubblico in quanto il delitto è posto a tutela della corretta gestione ed utilizzazione delle risorse pubbliche destinate all’incentivazione economica. Sempre secondo la Suprema Corte, si ha reato di malversazione anche quando un soggetto ha ricevuto da un istituto di credito un finanziamento assistito da garanzia pubblica ed ha impiegato tali somme per finalità diverse da quelle cui detto finanziamento era destinato per legge. Per maggiori dettagli su quest’ultimo aspetto si rimanda all’ultimo paragrafo.
In sintesi, dunque, il reato di malversazione consiste nella violazione del mutuo di scopo concesso da un soggetto pubblico. Per mutuo di scopo si intende il prestito in virtù del quale una parte si obbliga a fornire all’altra una somma di denaro necessaria ad una determinata finalità, già prestabilita nel contratto. La parte mutuataria si obbliga non solo a restituirla, ma anche ad eseguire l’attività prestabilita nei modi e nei tempi previsti dall’accordo. Si ricorda, inoltre, che per verificarsi il reato di malversazione è necessario che la stessa venga commessa con dolo, ovvero con la consapevolezza da parte del soggetto di impiegare le somme ricevute dallo Stato per scopi diversi da quello per cui sono state erogate.
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Come riconoscere la malversazione
Per la sua struttura, il reato di malversazione può essere confuso con altri delitti, come ad esempio la truffa. Si sottolinea però che si tratta di due situazioni profondamente diverse, specie nella configurazione del reato stesso. La truffa ai danni dello Stato, infatti, implica che il soggetto ponga in essere un imbroglio per ottenere delle somme statali, magari falsificando documenti necessari per accedere al finanziamento, mentre la malversazione si configura solo nel momento in cui le cifre regolarmente ottenute vengono spese nel mondo sbagliato. Non c’è dunque un inganno iniziale, come nel caso della truffa, ma un utilizzo improprio delle somme ricevute rispetto alle finalità iniziali.
Malversazione: i recenti sviluppi
La Corte di Cassazione si è di recente espressa sul reato di malversazione, introducendo delle importanti novità. Nello specifico, con la sentenza 28416/2022, la sesta sezione della Cassazione penale ha stabilito che il reato si configura anche per i finanziamenti concessi da privati nell’ambito degli aiuti previsti dalla legislazione emergenziale per il covid-19. La nuova interpretazione dell’articolo 316 bis del codice penale prevede che vi sia reato di malversazione anche quando, successivamente all’erogazione da parte di un istituto di credito di un finanziamento assistito dalla garanzia rilasciata dal fondo per le Pmi – previsto dall’emergenziale decreto Liquidità -, gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui il finanziamento è destinato per legge.
La Suprema Corte si è espressa in questo modo per rispondere al ricorso presentatogli da un indagato che ha utilizzato i fondi erogati per spese personali, non conformi alle esigenze di liquidità della propria azienda. Le somme non erano state erogate direttamente dallo Stato, ma da un istituto di credito, motivo per il quale il tribunale aveva individuato due rapporti distinti:
- quello principale di mutuo, che è privatistico;
- quello accessorio di garanzia dello Stato.
Secondo tale visione il coinvolgimento dello Stato era meramente eventuale.
Questa interpretazione, tuttavia, non è stata condivisa dal pubblico ministero che ha deciso di porre la questione all’attenzione della Corte di Cassazione. Secondo la sua visione, infatti, l’erogazione delle somme al beneficiario non era avvenuta seguendo parametri di mercato e imprenditoriali, ma sfruttando le garanzie fornite dallo Stato. Il ruolo statale sarebbe dunque non secondario, ma centrale per la concessione del mutuo.
La Corte di Cassazione ha confermato la versione presentata dal pubblico ministero sostenendo che ci si trovi in presenza di un reato di malversazione in quanto, benché le somme siano state erogate da un privato, la loro emissione si è verificata in presenza della garanzia offerta dal Fondo per piccole medie imprese che è, per decreto, un’articolazione del ministero per lo Sviluppo economico. Inoltre, come precisato dalla Cassazione, il finanziamento incriminato rappresenta un aiuto pubblico concesso alle imprese che viene erogato dai privati (istituti di credito) seguendo le linee guida dettate da un regolamento statale.
Nella sua sentenza la Suprema Corte ha fornito anche alcune precisazioni. Più nello specifico viene sottolineato che è stata la garanzia pubblica nel caso in esame a rappresentare uno strumento tale da consentire alle banche di erogare finanziamenti garantiti. Si tratta infatti di un finanziamento minimo, inferiore a 30mila euro, che per decreto necessita soltanto di un’autocertificazione da parte del ricevente, con il Fondo che copre al 100% le garanzie del finanziamento. La garanzia è dunque automatica e gli istituti di credito – i privati – attuano una verifica che è prettamente formale. Si tratta, quindi, a tutti gli effetti di un aiuto pubblico destinato a finalità decise preventivamente, al venir meno delle quali è giusto che venga configurato il reato di malversazione. “Per tale ragione – si legge nella sentenza della Corte di Cassazione – l’ausilio economico deve ritenersi ottenuto dallo Stato nel perseguimento di specifiche finalità di pubblico interesse. Senza la garanzia prestata dallo Stato e senza la normativa prevista, il prestito infatti non sarebbe stato concesso o sarebbe stato concesso con modalità differenti. In particolare, la garanzia pubblica viene ricondotta al concetto di “contributi, sovvenzioni o finanziamenti” indicati all’art. 316-bis c.p”.
In base alle modifiche interpretative fornite dalla Suprema Corte, è possibile dire che il reato di malversazione si rileva anche al verificarsi di due specifiche situazioni:
- quando il finanziamento, purché erogato da privati, segua delle modalità di erogazione decise dallo Stato e che, dunque, non rispondono alle condizioni di mercato usuali;
- quando vi sia una garanzia pubblica fornita in sede di erogazione, la quale è da intendersi come una forma di vero e proprio aiuto pubblico.